giovedì 21 dicembre 2017








21 dicembre 2017 - 07:23

Le verità nascoste di Consob alla commissione banche

Come avrebbe potuto aiutare i risparmiatori e perché non lo ha fatto

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«Vendere fumo». È più o meno questa la natura delle rendicontazioni offerte dai vertici Consob alla Commissione d’inchiesta sulle banche. Cominciamo dal dossier Veneto Banca. Secondo la versione del direttore generale Apponi del 16 novembre scorso, Bankitalia aveva comunicato all’Autorità di controllo dei mercati che il prezzo delle azioni era troppo alto già dal 2013, ma non aveva precisato che il problema nasceva da una valutazione non corretta, e quindi Consob non si è mossa. Ha ritenuto sufficiente indicare nel prospetto dell’aumento di capitale del giugno 2014 qual era il price/book value , e l’investitore doveva capire cosa significa questo termine misterioso. C’è da chiedersi a cosa serva la Consob visto che già ad aprile 2014 la stampa parlava della resa dei conti tra il cda di Veneto Banca e la Banca d’Italia, per il rinnovo della dirigenza dell’istituto veneto, a partire da Consoli.
La raccomandata e il rialzo
Prima domanda: se la stessa Banca d’Italia vuole mandare a casa chi dirige la banca, possibile che Consob, invece di avviare le verifiche del caso, pretenda una raccomandata scritta da via Nazionale dove si dice che il prezzo è alterato? Seconda domanda: perché resta immobile di fronte all’azione di Veneto Banca che continuava a salire, mentre tutto il comparto bancario languiva? Eppure Consob (per ammissione dello stesso Apponi) sapeva dei finanziamenti baciati: almeno 150 milioni di euro che servivano a «stimolare» la domanda di azioni della banca veneta. E sicuramente sapeva anche che l’avviamento della banca valeva molto meno di quel 1,3 miliardi dichiarato. E pure dell’elevatissima incidenza dei crediti decotti.
Sapeva già tutto dal 2011 (ben 4 anni prima che esplodesse il problema) quando i suoi ispettori erano andati a Montebelluna, e guardando le carte avevano visto che i prezzi erano gonfiati. Anche grazie alla documentazione ricevuta proprio da via Nazionale, e relativa ad una ispezione del 2009. Di questi fatti però il direttore generale Apponi, il 16 novembre scorso, non riferisce alla Commissione.

Gli scenari di probabilità
Si respira fumo anche sugli scenari di probabilità. Tirati in ballo da alcuni parlamentari che volevano capire com’è che Consob non avesse fatto mettere questa preziosa informazione per i subordinati collocati a ignari risparmiatori da Etruria, Popolare Vicenza e Veneto Banca ma anche Carichieti, Cariferrara e Banca Marche, nel tentativo di restare a galla. Specie considerato che con probabilità di perdite comprese tra il 45% e il 70% avrebbero fatto capire a chiunque che era meglio stare alla larga da quelle obbligazioni. Ebbene, su questo tema tutti i dirigenti Consob forniscono alla Commissione informazioni false o fuorvianti. Il più sincero (paradossalmente) sul punto è stato Apponi: ha detto che a fine 2010 una grande banca aveva puntato i piedi e allora la Consob ha fatto dietrofront. Trattandosi di Mediobanca, che è più solida dello Stato italiano, in quel caso ci poteva pure stare.
Il 14 dicembre viene riconvocato (forse per spiegare la dimenticanza di quell’ispezione del 2011), ma è provvidenzialmente impossibilitato a comparire per motivi di salute. Al suo posto ad essere audìto è il vicedirettore generale Giuseppe D’agostino, che spiega: «Gli scenari di probabilità non sono inclusi nei prospetti del subordinato collocato da Etruria a giugno 2013 perché non sono previsti dagli schemi europei». Falso. D’Agostino spiega: il punto è che la Mifid 2 ha privilegiato il «governo del prodotto». E chiosa dicendo che questo processo è «molto più rappresentativo e cogente degli scenari». Ammesso che sia vero, c’è un particolare: la Mifid 2 non era in vigore all’epoca fatti su cui indaga la Commissione banche. E neppure ora, dato che entrerà in vigore dal 2018.
Sul punto, sempre il 14 dicembre, interviene anche l’avvocato Salvatore Providenti, capo della consulenza legale della Consob. In risposta all’onorevole Sibilia che chiedeva quali norme comunitarie vietassero espressamente a Consob di chiedere l’inserimento degli scenari nel prospetto del subordinato Etruria, Providenti ha dichiarato che Consob non può chiedere «in modo generalizzato» di mettere un’informazione nei prospetti, ma che le regole europee permettono all’Autorità di chiedere informazioni integrative, caso per caso. Data l’evidente contraddittorietà della risposta, lo stesso Casini ha ritenuto di dover fare il punto: «L’Unione Europea non avrebbe impedito a Consob di fare delle richieste specifiche, che evidentemente non sono state fatte».
D’Agostino incalzato dice che lui non può rispondere sul tema Etruria per gli scenari, in quanto non inclusi nel procedimento amministrativo. Falso. Nella lettera protocollata numero 13032868 del 18 aprile 2013 acquisita dalla Procura di Arezzo, la Consob nel dare il nulla osta al prospetto dice che nella scheda prodotto per gli investitori la banca dovrà rispettare «gli orientamenti forniti dalla comunicazione Consob numero 9019104 del 2 marzo 2009. Bene, questa comunicazione, al paragrafo 1.5 prevede gli scenari probabilistici. Un documento che probabilmente i poveri commissari non avevano, altrimenti avrebbero chiesto: «Scusi D’Agostino, ma perché se la Consob chiede di mettere gli scenari, poi la banca non lo ha fatto?». Per la cronaca: quegli scenari avrebbero detto al risparmiatore che nel 70% dei casi avrebbe subìto una perdita.
Il ruolo di Vegas
Lo stesso giorno, Giuseppe Vegas, nel suo ultimo giorno da presidente della Consob, davanti alla Commissione mette in discussione l’utilità di questi scenari dicendo che a metà 2011 per la Popolare di Vicenza indicavano solo il 10% di probabilità che la banca andasse gambe all’aria. Di questo prospetto però non esiste traccia. Come segnalato invano dall’onorevole Ruocco. Mentre esiste il documento mostrato dalla sottoscritta nella puntata di Report del 5 giugno 2016: a maggio 2011 Vegas (in carica da pochi mesi) ordinò di estirpare gli scenari dai prospetti. E — ironia del destino — il casus belli fu proprio un’operazione della Popolare vicentina.
In comune Vegas, Apponi, D’Agostino e Providenti hanno la capacità di mentire ad una Commissione d’inchiesta, ed il fatto che a piazzarli sulle loro poltrone, a seguito di funamboleschi riordini organizzativi è stato proprio Vegas. Ci auguriamo che il prossimo presidente della Consob venga scelto tra persone di comprovata competenza, indipendenza e rispetto delle istituzioni. Da questa nomina dipendono infatti strategie che possono valorizzare la parte sana e preparata di un’Autorità che ha il compito previsto dall’articolo 47 della Costituzione: tutelare il risparmio. Altrimenti ci dovremo rassegnare ad interpretare l’articolo 47 con il significato del numero della smorfia napoletana: il morto.
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