giovedì 26 gennaio 2017

Egregio dottore Salvatore Picone

Segretario del Circolo Unione

 

Come vedi esordisco in tono serioso, essendo questa mia una diffida seria verso il circolo (non certo verso di te, che ho avuto modo in questo trimestre di consuetudini di apprezzarti molto e prevedendo per te un grande avvenire come giornalista televisivo e non solo).

La mia comunque è un nota ufficiale indirizzata a te per le debite comunicazioni ai membri della deputazione e dell’intero sodalizio.

Contesto inappellabilmente contenuto, procedure, approvazioni del nuovo c.d. statuto di cui ignoro la versione definitiva e di cui pare che questa ancora debba essere perfezionata. Pensa un po’ dovrei sottostare ad un nuovo assetto societario senza essere stato preventivamente informato del progetto statutario, senza il rigido rispetto delle norme dello statuto vigente al tempo della mia entrata nel sodalizio tanto preclusive e forse persino umilianti ( e mi riferisco al primo gennaio 1967, come dire quarantacinque anni fa), senza ossequio agli artt. 13 e 14 dell’attuale statuto (quello, ignoto ufficialmente, che si dice approvato, per me è nullo in toto), ed altro che credo dovrò rappresentare in altre e più autorevoli sedi.

 

Andiamo per ordine:

-          Recitano gli articoli 13 e 14. Le adunanze …. Sono convocate mediante avviso personale ai soci effettivi e con affissione dell’avviso in una sala del circolo, almeno cinque giorni dalla adunanza, L’invito indicherà l’ordine del giorno da discutersi. Nelle adunanze si delibera solo sulle questioni poste all’ordine del giorno e per qualunque oggetto la votazione sarà fatta in forma segreta per iscritto. Le deliberazioni sono approvate a maggioranza assoluta e nel caso di parità di voti la proposta s’intende respinta. Le adunanze saranno legali quando vi intervengano la metà più uno dei soci effettivi iscritti. In seconda convocazione saranno valide, qualunque sia il numero dei soci presenti, salvo quanto appresso.  Art. 14 Per la modifica dello statuto e regolamento e per lo scioglimento del circolo è necessaria la presenza di due terzi dei soci effettivi iscritti, sia nella prima che nella seconda convocazione dell’assemblea e riportare favorevoli i voti della metà più uno degli effettivi iscritti. Per l’ammissione od espulsione dei soci occorre sempre la presenza della metà più uno dei soci effettivi iscritti e che la proposta riporti, per l’approvazione, i due terzi di voti favorevoli. Mi domando: sono stato io avvisato nei termini sullodati? Non mi risulta. E gli altri? Ignoro, anche se potrei consultare i verbali. Ma ne vale la pena? Ma erano ancora vigenti quello statuto e quel regolamento risalenti al 20 marzo 1945? Potrebbero esservi state delle modiche, ma non mi risultano. Si potrebbe obiettare che i soci aventi quei poteri deliberativi sono da limitare a quelli “stanziali” e sono da escludere quelli “precari”. Ed in tal caso io sarei un “precario” senza diritti deliberativi e i miei meriti per avere salvato il circolo da un umiliante sfratto svanirebbero nel nulla ma in compenso una mia ricerca in vaticano, ardua da decifrare ed ancora più ardua da capire e tradurre, esposta nel manipolato bigliardo, la vorrei attribuita alla mia persona e non esposta come se fosse merito del sodalizio che in materia di paleografia e storia medievale credo che sia incapace di intendere e di volere. Certo sono stato accusato di volere portare nel circolo “chi sa chi”, come dire gente del “popolino” e questo è vero perche reputo il “popolino” quello da cui provengo e come “vetero comunista tutt’altro che pentito” sono pervicacemente abbarbicato alla coscienza di classe, alla mia classe.  E’ un po’ comico che il circolo nel terzo millennio voglia ritornare al sussiego ed alla supponenza dei “galantuomini” locali di stampo ottocentesco, quelli  insomma nati per lasciare un’affossatura nelle poltrone di pelle  del circolo, per dirla alla Sciascia.

-          In ogni caso, per il diritto societario, quando si procede ad una modifica statutaria occorre rendere noto il testo del progetto della modifica statutaria per consentire ai soci di soppesare la bontà delle proposte e possibilmente proporre variazioni in sede assembleare. Solo allora la bozza diventa definitiva e dopo l’immediata consegna non può  più essere alterata, salve le modifiche nei tempi e nei modi di legge. Come può pretendersi tanto se non è ancora definitivo il preteso nuovo statuto? Quindi, sotto il profilo legale, l’asserita nuova disciplina societaria va giudicata nulla. Pacificamente, per ravvedimento operativo, come spero. Diversamente  …….

-          Con ciò non intendo impugnare gli atti conseguenti come l’ammissione di nuovi soci e l’immediata loro consegna delle più prestigiose cariche, visto che considero provvidenziali quelle scelte (ma non si esageri nello scrivere che senza di loro non avremmo più il circolo e ci si avventi in giovanili iniziative che possono creare all’intero sodalizio guai tributari). Io vado oltre ed affermo che non si può pretendere l’esosa tassa d’entrata dato che ragioneristicamente deve commisurarsi al netto patrimoniale (ed il nostro patrimonio può dirsi esiguo avendo forse esaurito i proventi dalla vendita della vecchia casa).

-          Mi domando, incidentalmente, si potevano estromettere tanti e gloriosi vecchi soci, perché non in regola con i “buoni” mensili? Non vi ostava l’art. 8 dello statuto che limita l’espulsione a chi “abbia subito una condanna disonorante”; quanto all’altra fattispecie della indesiderabilità per comportamento perturbativo nemmeno il più sottile dei padri gesuiti riuscirebbe a provare che non pagare il buono mensile rientra in tale fattispecie espulsiva. Forse una nuova deputazione giovane e non legata ad un passato poliziesco potrebbe fare ammenda, riammettere nel sodalizio quegli indebiti esclusi (s’intende se ancora viventi) e ritenere compensati i debiti con i danni subiti; dovrebbero essere i riammessi debitamente notificati del ravvedimento operoso del circolo a rifiutare la riammissione.

-          Per converso mi vien da ridere per questa nuova voglia di accordare l’ìorpello di “socio onorario” a chi si pensa che potrebbe essere utile o benefico (e mi pare che sinora le promesse sono state tante ed i fatti nulli: scrusciu di carta assa’ ma cubaita nenti, direbbe il mio amico Grimaldi). Sono convinto che in ogni caso è il circolo che dà lustro a chi vi si iscrive e non viceversa, in nessun caso. Mi diverte ancora la pia illusione dei nostri ascendenti del Circolo del 1932 che per ripararsi dalle temute soppressioni staraciane credettero nel sansepolcrista Pedalino (ed i miei studi sul fascismo hanno fatto svaporare quella fola) e lo fecero socio onorario, ma vi dovettero aggregare due padri gesuiti (in un circolo noto per essere la fucina della massoneria racalmutese) ed un generale che sempre le mie ricerche l’hanno appurato non proprio eccelso. Mi raccomando: bando ai soci onorari: lo vieta lo statuto del 1945, quello ancora valido.

-          E qui entriamo nel punto più dolente: recita l’art. 2 del vigente statuto del 1945 “possono essere soci tutti coloro che abbiano compiuto gli anni 18 e che abbiano ineccepibili requisiti morali e civili, con una intelligenza ed istruzione sufficienti”. Sottolineiamo subito quel TUTTI: non sono ammesse discriminazioni, razzismi insomma sia pure di serie B. I requisiti morali possono averli i non diplomati e non è detto che ce l’abbiano quelli che chissà come hanno conseguito un titolo superiore. Chi ha poi i requisiti civili ? Qualche neghittoso con un pezzo di carta oppure chi al di là delle scuole d’obbligo ha rettamente e proficuamente lavorato, ha fatto con successo l’imprenditore magari all’estero, magari in ardui continenti? chi insomma ha conseguito nella vita e nel lavoro altro che lauree a firma di qualche peregrino rettore? Quanto alla sufficiente “intelligenza” era come dire “i cretini non li vogliamo”. E chi li vuole! Quanto all’istruzione “sufficiente” non credo che si misuri col diploma di stato. Ci si rende conto che avere introdotto la preclusività del diploma significa avere stravolto la natura del circolo?

-          Tanto – ne sono certo – rende illegittimo e quindi nullo il nuovo preteso STATUTO. Sia chiaro, al solo Presidente, ai sensi dell’art. 7 dello Statuto, spetta “assumere le necessarie informazioni” sugli aspiranti soci; ma solo su lui grava l’ingrato compito di rassegnare tutte le domande all’assemblea dei soci che deciderà – essa sola e nessun altro – se accettare o no il nuovo socio.

 

Dovrei a questo punto richiamare il precedente della diffida del farmacista Argento del 4 gennaio 1945, con tanto di “usciere delegato” nella persona di Nicolò Palermo. Renderei però ancora più lunga questa già lunga rimostranza. Spero che non mi si risponda come fece allora il presidente Amedeo Messana in data 5 gennaio 1945. Spero invece che gli organi apicali del circolo accolgano, in tutto o in parte, più che le lagnanze, le varie proposte che non mancano tra le righe del suesteso documento. Le comunicazioni possono anche pervenirmi per e-mail. Non è detto che le accetterò se non condivise in tutto o in parte.

Ti saluto caramente, ben oltre il formalismo precedente.

 

 Il Socio del Circolo Unione

Calogero Taverna   

martedì 24 gennaio 2017

domenica 14 giugno 2015

il suicidio del fratello di Sciascia in una iniera di zolfo

 

 
Andando a cercare elementi sul suicidio del fratello di Leonardo Sciascia, mi imbatto in questa pagina autbiografica di Fuoco all’Anima. Sciascia è cattolicamente agnostico sin dall’infanzia. Denuncia di avere avuto nell’infanzia “una educazione assolutamente laica.” Assolutamente. Madre e zie – tutte le donne della sua infanzia – separano “l’esistenza di Dio dalla Chiesa e dai preti”. Anticlericalismo e agnosticismo quasi sin dalle pappe materne. Del padre non si parla. Del resto non è il mondo contadino di un paese particolare come Racalmuto, il suo - ma “quello della zolfara”.  I measmi di Gibillini, Quattro Finaiti, Pernice, Cozzo Tondo – citandone solo alcune delle miniere – inducono a ripugnanze infernali, non sono i fiori che sbocciano a primavera, al massimo consentono allo zafferano di colorarsi di giallo (ma questo è dettaglio ignoto tutt’ora a più,anche colti.)
Il contadino è avaro, gretto, industrioso; lo zolfataio è “scilacquone” vive la sua “tragedia” nelle viscere della terra; c’è l’antimonio: mortale. Spinge la miniera al suicidio. Non azzarda di negare Dio, lo zolfataio; ma preti, chiesa e chiese, bizzocche e benedizioni sono più fastidiosi dei fumi dello zolfo nei calcheroni. Alla larga. E le famiglie degli zolfatai – e a Racalmuto sono (o meglio erano) tante – così pensano, senza religione esterna (ma con tanta religiosità interna, pensiamo noi).
Ma davvero una donna siciliana, una zia di Sciascia poteva essere ostile al fascismo? Cautela: “avversione al sopruso, alla violenza”. Aveva scosso il delitto Matteotti. Solo che i Racalmutesi non potevano “essere fascisti sino al midollo”.  Non erano manco praticanti nelle cose di Dio . Io sono sicuro: erano (o divennero) fascisti ed anche convinti e persino fedeli. Dissento da Sciascia. D’accordo, quanto al rifiuto di compromettere l’anima nelle cose di fede. Refrattari alla Chiesa - questi racalmutesi – osservanti nei riti ; la domenica a mezzogiono si può anche andare a messa, perché le regole è meglio rispettarle (se con compromettono troppo). Noi racalmutesi siamo rivoluzionari a metà e a metà siamo rispettosi della legge, consuetdinari, meglio il quieto vivere, chiunque comandi, vengan pure commissari romani. Ma a tanto Sciascia non arriva. Mie libertà.  
Siciliani diversi fra loro? Sì, e la scienza sta dimostrando che il DNA che è diffuso in questa plaga della Sicilia Meridionale è incredibilmente atipico, unico. Sì, noi racalmutesi siamo presicani se per Sicani si intendono quelli che descrive Tucidde, quelli scacciati dall’Etna mille anni prima della guerra di Troia. A Racalmuto si prosperava (relativamente, in armonia con i tempi) già da altro paio di migliaia di anni: i reperti fittili sotto la grotta di Fra Diego lo comprovano. Ma la Soprintendenza non si accorge ancora che il suo vincolo è stato mistificato e lascia che impunemente quelle testimonianze archeologicjhe irripetibili vengano disperse e i tombaroli possono fare affari (magri) anche sotto e nella parete della grotta del falso fra Diego La Matina.
Ed eccoci al famoso suicidio del fratello di Leonardo Sciascia. Si è suicidato nella miniera di Assoro nell'ennese. il prof. Curcuruto può darci notizie nuove originali illuminanti lo scenario di una siffatta tragedia che ha anchilosato la psiche di un uomo ma ne ha suscitato le genialità narrative e scritturali.













N.B. In quale miniera di zolfo ad Assoro il fratello di Sciascia si è tolta la vita non mi riesce a saperlo pur spaziando nella enorme pubblicistica su Sciascia. Credo che non sia mai stata pubblicata la denominazione precisa  di quella miniera. Occorrerà indagare tra quelli del paese che sanno tutto su Sciascia, ma c'è il pericolo che sparino qualche bufala. Negli archivi di Stato non può comunque mancare una qualche relazione al riguardo. Da trovare. 
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FIAMIGNANO

Dimissioni (quasi) a sorpresa per il sindaco Carmine Rinaldi

Dimissioni (quasi) a sorpresa per il sindaco Carmine Rinaldi
Il sindaco di Fiamignano Carmine Rinaldi annuncia le proprie dimissioni. L’argomento, con le motivazioni, verrà discusso nel consiglio comunale convocato il 31 gennaio alle ore 17 in prima convocazione (o in seconda i 1 febbraio alle ore 19). Rinaldi era stato eletto alle ultime amministrative 2016 con la lista “La Torre” che aveva ottenuto 411 voti.
Il lago va prosciugato, non serve più a niente; le terre vanno rimesse a coltivazione (biologica). Il bestiame va riportato a valle. Fagioli lenticchie e patate come ciò che mangiavo 47 anni fa. Se questo non vogliono e se dobbiamo correre rischi allora si tolga il lago a questi lestofanti di spsgnoli che manco pagano gli oneri tributari territoriali. Si facciano attrezzature turistiche e sportive. Si faccia magari quello che agogno: un bel teatro lacustre, unaprelibatezza spettacolare. Sa quanti improperi ho mandati ai sindaci di Pescorocchiano e di Fiamignano? Risultato: l'ufficio tributi di Pescorocchiano mi soffoca invenradosi tributi abnormi per compensare i compiacenti perdoni agli amici e magari agli amici degli amici. Ed ora ci si mette pure il catasto di Rieti per inventarsi sanzioni su sanzioni per acere costruito capanni mai costruiti su terreni di cui non ho mai avuto la proprietà. Certo con me trozzanu duru (come si dice in Sicilia). Con voi credo che invece la spuntino. Io non perdono, voi per la vostra atavica bontà e subordinazione forse sì. Ma sicuramente mi sbaglio. nel caso mi perdoni. Alla sua amicizia ci tengo.
Or son tre anni, quando di dighe che potessero sbricilarsi per l'urto di terremoti magari di forza 7 e mezzo o come diavolo di dice, non se ne parlava, avendo la fiducia di quei signorotti di Fiamigliano che in gruppo chiuso, peggio della Bankitalia di Calandrino, si nominano QUELLI DEL CIOCOLANO, ebbi a far presenti i miei timori, terrori, preoccupazioni per il Lago del Salto, la diga del Salto, le fiancate lisce e scoscesi nella strozzatura estrema della diga di Pian del Salto.
Venni naturalmente radiato. I miei post di denuncia stanno ancora lì. Se si ripete uno di quei terribili terremoti di un secolo fa, la ldiga del Lago del Salto si sbriciola, le copiose acque dell'invaso o vorticosamente defluiscono o limacciosamente esondano. Poveri laboriosi abitatori della vallata sottostante che conduce a prescindere dalla super strada che iniziata dai cavalieri di Catania deve ancora condurre a Rieti.
Le giornaliste locali - isteriche ovviamente .- si corrucciano con me perché non le rispetto tanto, i sindaci dei sette comuni che si affacciano sul lago hanno scarsa cervice per occuparsi o preoccuparsi di quello che apocalitticamente vado gridando. I teatranti del luogo al mnassimo vanno a caccia. Non pensano a salvare le loro grandi ricchezze archeologiche (Poggiopoponesco, il Vaticano, Suna e l'eremo dell'anno Mille di Tor di Taglio), figurarsi se vanno ad occuparsi del loro inutile lago.
Inutile perché? Ma perché lo volle sua Ececllenza Benito Mussolini per portare acqua gratis a Terni e produrre elettricità gratuita per i grandi altiforni di Terni che oltre a bruciare i biglietti logori della Banca d'Italia dovevano servire per approntar cannoni per la prossima grande guerra del'40.
Oggi il lago non paga un euro ai cicolani, è in mano a spagnoli dissipatori, e sta lì minaccioso arcigio pericoloso. Terremoti o non terrimoti quelle fiancate sempre più disboscate (i tagli del bosco fanno gola) prima o poi scivoleanno in quel falso lago e lo faranno disastrosamente esondare, portatore di morte e di distruzione.
La pur presente Comunità Montana non ha intelligenza e cultura per correre ai ripari, per imporre precauzionali operazioni di pubblico respiro. Una popolazione sempre più sparuta, sempre più afflitta da senescenza e denatalitrà, si gode ignava le enormi rimesse dei suoi vecchi abitatori. Arricchitisi altrove, la tomba, la vecchia casa, la frequentazione a estiva se la riservano ancora e per la bisogna mandano soldi e soldi a quegli ottomila stanziali residuali in un territorio largo quanto la Provincia di Caltanissetta, ove però stanziano oltre un centnatio di migliala di gente che vi produce stabilmente.

giovedì 19 gennaio 2017



Sempre a Bovo, sempre in villa Merycal, sempre in questo fine Maggio 2016- Ricordate la troffa di fiori viola che cercai di testimoniare? Ora col modesto cellulare mentre dietro il sole discende nel suo antro notturno dietro la Montagna cerco di ritrarre quei fuori ora racchiusi su quegli steli pelosi.