martedì 31 ottobre 2017


Ettore Giuseppe Tancredi MESSANA, l'integerrimo contro Li Causi, Montalbano, Cernigoi, Casarrubea e ultima la periferica Carmela Zangara dell'ANPI PALERMO .


Così per tedio e non morire chiedo di essere un affiliato dell'ANPI. Subito accettato. Sarei un partigiano siciliano. Racalmutese ma vetero comunista tutt'altro che pentito. Un dubbio mi assale: ma in Sicilia vi fu lotta partigiana? Non mi risulta. Racalmuto fu subito 'liberata' il 16 luglio 1943 (sic '43), Gli Americani tolsero di mezzo il podestà (ovvio) e vi misero un sindaco. Si chiamava Baldassae Tinebra. Governò poco: fu freddato in piena piazza davanti il Caffé Cacioppo dopo pochi mesi. Abbeveriamoci nella sapida prosa sciasciana.
 
"Il sindaco del 44, l'uomo tirato su dagli americani, lo ammazzarono la sera del 15 novembre di quell'anno; era sera di domenica, la piazza piena di gente, gli appoggiatìrono la pistola alla nuca e tirarono, il sindaco aveva intorno amici , nessuno vide, si fece vuota rosa di paura intorno al ciorpo che crollava ... aaveva litigato con uno dei capidella mafia siciliana."
 
 Sciascia non fa il nme, noi sì: era don Calogero Vizzini. E tutti in paese siamo convinti che l'esecutore materiale fu Centoeddieci , ma il mandante lui per questioni di rendite della miniera di Gibillini che il Vizzini in eopoca fascista, al tempo di Mori, dovette lasciare affidandola appunto al Tinebra. Entrati gli americani, ritornato in auge il grande mafioso, questi ebbe a chiedere il rendiconto al suo fiduciario,  il Tinebra appunto. Il quale nicchiò più del dovuto e finì morto ammazzato in pieno Corso Garibaldi tra due uomini di rispetto sia pure minore.

Si discute (Sciascia e Tano Savatteri) se davvero l'esecutore materiale fu Centoeddieci. Il mio amico G.S. che stava dietro il padre, assessore del sindaco Tinebra non ha dubbi: Centoeddieci. Et de hoc satis. Ma chi, il mandante? ancora non si sa. Almeno per la Legge.

L'ANPI di Palermo questa storia non la sa perché diversamente insinuerebbe subito il glorioso nome del capo della polizia siciliana, l'ispettore generale  di PS gr.uff., elitario commendatore dell'ordine dei Savoia, i S.S: LAZZARO e MAURIZIO dottore Ettore Giuseppe Tancredi Messana, che guarda caso a Racalmuto nel 1884 c'è nato.

Si dà il caso che  l'ANPI di Palermo è pertinace nel calunniare questo integerrimo 'grand.commis' di Stato Ettore Messana. Dovendo celebrare l'esecuzione di tal Orcel avvenuta nel 1920, prende di mira il vice commissario di Racalmuto Ettore Messana. Nel 2014 avalla una ruberia del Comune di Riesi volta a erigere monumenti ai suoi caduti sndacalisti. E con spudoretezza più unica che rara, licenzia questa condanna ad infamia perenne del integerrimo Messana.

"Orcel viene assassinato ad un anno dalla strage di Riesi del 1919 dove vengono assassinati 15 contadini compreso un tenente di fanteria che si era opposto all’ordine fascista di sparare sui contadini che manifestavano per la riforma agraria. Ad ordinare il fuoco in solidale intesa con la mafia è stato un fascista della prima ora, Ettore Messana di Racalmuto, ufficiale di P.S., poi membro dell’OVRA, il servizio segreto, efferato criminale di guerra questore a Lubiana negli anni 40 ed infine lo ritroveremo inspiegabilmente ….Ispettore generale di polizia in Sicilia negli anni 1945!"

Faccio puntigliose ricerche storiche ed archivistiche, metto a tacere la Cernigoi triestina, disoriento il già censurato dalla magistratura Casarrubea.

Ettore Messana, laureatosi a Palermo in giurisprudenza, torna al paese natio per fare l'avvovato Nel 1913 h aun figlio cui dà il nime di Ugo. Non ha alcuna contiguità con la mafia dell'abibeato che per Mussolini -  dopo faceva capo ai bartolotta. Ha tendenze socialiste, soggiogato dalla mefistofelica figura di Vicciu Vella. Scoppia la guerra, grande crisi, Ettore Messana può, per le aderenze della palermitana famiglia della moglie, ottenere dal massone Orlando un posto di vice commissario in quel di Mussomeli. Arriva il torbido Ottobre del 1919. Ad Orlando succede Nitti. Nitti chiama attornio a sé a Roma le migliori forze dell'ordine pubblico delòa landa di Caltanissetta, ivi compresi i carabinieri. Riesi sguarnita di callidi custodi dell'ordine pubblico finisce in amno di un bislacco socialistoide, il Butera. Calì da Mazzarino soffia sul fuoco per fottersi il posto parlamntare che occupava lo scialbo Pasqualino, La Prefettura di Caltanissetta - ancora non costituita la Questura - non sa che pesci prendere. Si avvale dell'uomo del decaduto Orlando che stazionava a Mussomeli gli appioppa un  sguarnito manipolo con due mitra agli ordini di uno svagato sottotenentino di Acquaviva. Messana finisce così a Riesi, distaccato, provvisorio, aviìulso da quell'ambiente. Cerca di intimorire la plebaglia in rivolta facendo mostrare dal sottotenentino quelle arcignie mitagliatrici. Ina un occupazione di un feudo ancora in mano di nobili spagnoli, ci riesce. Ma un tale nordico Allegretti, agitatore socialista, non se ne dà per inteso. Raduna le messae eterogeneee tra'iurnatara' surfarara e brutti ceffi in opiane opiazza diìriesna. Si affaccia al balcone e vuole comiziare. Messana si oppone. Su quel vociante assembramento truce il sottotenentino schiera mitra e militari. Nn s sa se vi erano anche i residui carabinieri. Qualcuno dice di sì, ma il  generale Denga venuto a sistemare le cose non ne fa menzione. Il solito furbo riserbo della Benemerita? Allegretti si intimorisce. scende in piazza e si apparta con il Messana per tentare insieme una onorevole via d'uscita. Allegretti sgombrerà la piazza, Messana  ritirerà l'esercito. Senonché parte un colpo di pistola dalla piazza che ferisce un ben preciso militare. Terrorizzati i soldati vìcominciano a sparare sulla folla usando anche il mitra. Al Messana non resta nient'altro che vedere sgomento. Non può far nulla. Chissà perchè certuni seguono il fuggitivo sottotenentino e lo giustiziano in un nascosto cortile. Arriva un ispettore da Roma, il comm. Trani e queto riferisce. Casarrubea riesce negli anno 2.000 a procurarsi uno stralcio di codesto rapporto. Ma l'ANPI di Palermo si reputa legittimata a sciorinare tutte quelle calunnie che abbiamo letto.

Il Mesana viene dal Trani rispedito a casa su due piedi. In un rapportio della Prefettura di Caltanissetta sugli sviluppi della inquietante vicnda, il Messana non viene minimamente citato. Noi però sappiamo che il Messana fu letteralmente sbolognato. Non può tornare a Mussomeli. Destinato a Bologna. Là si agita uno strano personaggio, un tal Benito Mussolini. Messana si dà da fare per farghi gustare i rigori della legge. Apriti cielo. Il desso diviene cavaliere e presidente del consiglio su incaricio del piccolo Vittorio Emanuele III. A Bologna il Messana non può più stare. Lo risbolognano ancora una volta,  destinazione Bolzano, al confine insomma. Là viene apprezzato. Entra nelle grazie del capo della polizia Senise. Diviene Vice Questore. Non ama l'OVRA e la sabota sottraendole il compaesano Picone Chiodo come sapidamente racconta il microstorico principe di Racalmuto Eugenio Napoleone Messana. Altro che agente dell'Ovra con buona pace degli storici in carica all'ANPI di Palermo.

Matura meriti tali per cui al Viminale lo si vuol destinare a Questore di Palermo. Ma lì è feudo mafioso dei Lauricella in combutta con il senatore mafioso Mormino suterese. L'inghippo è documentato presso l'Archivio Centrale di Stato.

Ecco pedché diviene questore di Lubiana. E' duro quanto volete, ma integerrimo: è uomo d'ordine. C'è una legge e lui la legge deve rispettare. La Lubiana dei primio tempi non è certo il teatro degli abubi di Roatta. Successe che tanti partigiani slavi andarono a rifuguarsi in una discreta palazina di Lubiana. I Tedeschi ne vennero subito a conoscenza. Si chiede al Questore Messana di indagare. Messana, nel rispetto assoluto della legge, in contrasto con l'esercito, non tollerando l'ingerenza della gestapo e del gerarca fascista Emilio Grazioli che si era arrogato il compito esclusivo del rispetto dell'ordine pubblico.  

Messana lo fa con assoluto senso dello Stato, con pignolo rispetto di leggi e regolamenti. E lo fa pure con estrema umanità come dimostra il caso di quella 'partigìiana', che aveva declinato false generalità. Furbescamente si finge in fin di vita per un semplice attacco di appendicite. Messana capisce ma finge di cascarci. La signora quindi viene ricoverata in una infermeria quasi un reparto ospedaliero.  E la lascia pressoché incustodita. Ovvio,  con la connivenza di uno  slavo che era pagato lautamente dall' Italia come poliziotto di Stato può agevolmente fuggire e Messana annota falsamente che  si è resa irreperibile, Se voleva l'andava a prendere in un batter d'occhio, Ma non solo questo. Il milite slavo la fa franca. Se erano quelli della Gestapo se ne accorgeva.  Messana rispetta ogni regola garantista nel condurre o far condurre le indagini, gli interrogatori. Non può però controbattere alle conoscenze segrete dei tedeschi sul capo della particella partigiana slovena a nome Tomisc. Va per le lunghe ma alla fine deve rassegnare il  rapporto denunzia, Centinaia di pagine. Finite nelle mani del giudice monocratico Macis, questi condanna a morte Tomsic. Le colpe di Messana? nessuna. Gli atti processuali verranno poi acquisiti a Rona  e stanno ora presso l'ACS a dimostrazione di quanto retto, giusto, umano e ligio al dovere sia stato Ettore Gpuseppe Tancredi Messana , questore di Lubiana. Ma solo per un anno, il primo di quella avventura fascista mussoliniana. Dicono i rapporti ufficiali del tempo che Messana 'non aveva l'animo del fascista'. Mandano a controllarlo Gueli dalla Sicilia. Non vi fu buonsangue fra loro. L'essere conterranei induriva i rapporti, altro che compiacenze, OVRA.  fascismo colpevole come criminalmente scrive e pubblica l'ANPI di Palermo. Messana infatti nel giugno 1942 viene giubbilato.Non ha l'animo 'duro' del fascismo. Ma per salvare le apparenze il regime lo promuove magari anzitempo 'ispettore generale di PS'. Destinato a quale sede? Lui chiede di ritornare a Bologna. Ma lì è segnato come ostile al fascismo per quella storia contro il pericoloso Benito Mussolini. I gerarchi non lo vogliono. Il Messana resta in parcheggio a Trieste. Non conta nulla, gli tocca fare addirittura come il capo stazione di ribelli slavi non sicuri a Trieste e mandati a Pisticci. Non gliele manda lui caro defunto Casarrubea. Perché tanta acredine contro un integerrimo uomo di Stato racalmutese?

Scrive una tal Carmela Zangara, ossequiosamente ospitata da una dissennata ANPI PALERMO, per far bella figura con una Camusso chiamata ad onorare una equivoca figura a nome Accursio Miraglia di Sciacca:: "In Sicilia hanno operato, almeno due, funzionari degli apparati fascisti della prima ora, Gueli e Messana, accusati di essersi macchiati dio orrende stragi ed eccidi su entrambi i fronti in Friuli e in Sicilia". Zangara tu sei una spregevole quanto ignara diffamatrice di due colossi dell'ordine pubblico, sia pure divaricati fra loro. Gueli è una cosa (ma guarda come ebbe a giubilare il capo della mafia siciliana tal don Calogero Vizzini), Ettore Giuseppe Tancredi Messana  fu eroico, probo, integerrimo solare capo della Polizia in Sicilia dopo essere stato sul punto di venire fucilato da Pavolini per non avere neppure in tarda età l'animo del fascista, parola di Senise.

Tu,  Cernigoi, Li Causi, Montalbano ed ora chi vi ospita in Anpi Palemo MI DISGISTATE SENZA SE E SENZA MA. Volete carte, documenti testimonianze, rispensamemti (specie da parte del Casarrubea e in verto senso della Cernigoi)? ma quante ne volete!!!! . 























Vincenzo Umbrella Aggiungo che oggi gli italiani hanno attività finanziarie (depositi bancari, fondi, azioni, obbligazioni) per 4.200 miliardi, il doppio quasi del debito pubblico. Anche in questo caso una ricchezza enorme ma mal distribuita. Insomma stiamo meno peggio di ciò che sembra, l'economia sta riprendendo a crescere. Grazie alle nostre imprese, siamo secondi in Europa, dopo la Germania per export (il che significa che non è l'euro il problema) Una buona classe dirigente e una buona politica possono farci tornare prosperi
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Lillo Taverna Io non so come si fa a stabilire quando la ricchezza è ben distribuita e quando no! Non so neppure chi ha titolo (e segreta conoscenza) per assolvere condannare recriminare punire. Mi si dia un rapporto: tra gettito tributario complessivo (diretto indiretto tasse, iva, iva dovuta iva relativa, tributi locali bollette e prelivi tributari su bollette tributarie: imposte su imposte cioè, accise e contributi di diversa natura, tiket, imu, tari tarsi irpef, iperg, (ci sono ancora evasioni pregresse) sanzioni, rendite catastali rivalutte ad insaputa, omesse imposte per omesso passaggio dal catasto rurale (abrogato) a quello urbano, aerofotommetrie tassaiole e via per la grande palude fiscale) - e PIL. Visco si stava rammaricando per il fatto che Renzi non aveva seguito le sue mirabolanti cinque vie del suo astratto tassametro ma solo due. Già, parla lui che firma il bilancio BI ricolmo di oneri non inerenti resi nascostamente deducibili. Non mi dica di no: Forse lui manco sa. Se fossi ancora al SECIT glieli accerterei come feci a suo tempo con Ciampi. Altrettanto vorrei fare con il Rossi toscano che stava venendo in Sicilia per farci perdere le elezioni con il suo maldestro cipiglio da moderno Savonarola acchiappa evasioni fiscali
Così per tedio e non morire chiedo di essere un affiliato dell'ANPI. Subito accettato. Sarei un partigiano siciliano. Racalmutese ma vetero comunista tutt'altro che pentito. Un dubbio mi assale: ma in Sicilia vi fu lotta partigiana? Non mi risulta. Racalmuto fu subito 'liberata' il 16 luglio 1943 (sic '43), Gli Americani tolsero di mezzo il podestà (ovvio) e vi misero un sindaco. Si chiamava Baldassae Tinebra. Governò poco: fu freddato in piena piazza davanti il Caffé Cacioppo dopo pochi mesi. Abbeveriamoci nella sapida prosa sciasciana.
 
"Il sindaco del 44, l'uomo tirato su dagli americani, lo ammazzarono la sera del 15 novembre di quell'anno; era sera di domenica, la piazza piena di gente, gli appoggiatìrono la pistola alla nuca e tirarono, il sindaco aveva intorno amici , nessuno vide, si fece vuota rosa di paura intorno al ciorpo che crollava ... aaveva litigato con uno dei capidella mafia siciliana."
 
 Sciascia non fa il nme, noi sì: era don Calogero Vizzini. E tutti in paese siamo convinti che l'esecutore materiale fu Centoeddieci , ma il mandante lui per questioni di rendite della miniera di Gibillini che il Vizzini in eopoca fascista, al tempo di Mori, dovette lasciare affidandola appunto al Tinebra. Entrati gli americani, ritornato in auge il grande mafioso, questi ebbe a chiedere il rendiconto al suo fiduciario,  il Tinebra appunto. Il quale nicchiò più del dovuto e finì morto ammazzato in pieno Corso Garibaldi tra due uomini di rispetto sia pure minore.

Si discute (Sciascia e Tano Savatteri) se davvero l'esecutore materiale fu Centoeddieci. Il mio amico G.S. che stava dietro il padre, assessore del sindaco Tinebra non ha dubbi: Centoeddieci. Et de hoc satis. Ma chi, il mandante? ancora non si sa. Almeno per la Legge.

L'ANPI di Palermo questa storia non la sa perché diversamente insinuerebbe subito il glorioso nome del capo della polizia siciliana, l'ispettore generale  di PS gr.uff., elitario commendatore dell'ordine dei Savoia, i S.S: LAZZARO e MAURIZIO dottore Ettore Giuseppe Tancredi Messana, che guarda caso a Racalmuto nel 1884 c'è nato.

Si dà il caso che  l'ANPI di Palermo è pertinace nel calunniare questo integerrimo 'grand.commis' di Stato Ettore Messana. Dovendo celebrare l'esecuzione di tal Orcel avvenuta nel 1920, prende di mira il vice commissario di Racalmuto Ettore Messana. Nel 2014 avalla una ruberia del Comune di Riesi volta a erigere monumenti ai suoi caduti sndacalisti. E con spudoretezza più unica che rara, licenzia questa condanna ad infamia perenne del integerrimo Messana.

"Orcel viene assassinato ad un anno dalla strage di Riesi del 1919 dove vengono assassinati 15 contadini compreso un tenente di fanteria che si era opposto all’ordine fascista di sparare sui contadini che manifestavano per la riforma agraria. Ad ordinare il fuoco in solidale intesa con la mafia è stato un fascista della prima ora, Ettore Messana di Racalmuto, ufficiale di P.S., poi membro dell’OVRA, il servizio segreto, efferato criminale di guerra questore a Lubiana negli anni 40 ed infine lo ritroveremo inspiegabilmente ….Ispettore generale di polizia in Sicilia negli anni 1945!"

Faccio puntigliose ricerche storiche ed archivistiche, metto a tacere la Cernigoi triestina, disoriento il già censurato dalla magistratura Casarrubea.

Ettore Messana, laureatosi a Palermo in giurisprudenza, torna al paese natio per fare l'avvovato Nel 1913 h aun figlio cui dà il nime di Ugo. Non ha alcuna contiguità con la mafia dell'abibeato che per Mussolini -  dopo faceva capo ai bartolotta. Ha tendenze socialiste, soggiogato dalla mefistofelica figura di Vicciu Vella. Scoppia la guerra, grande crisi, Ettore Messana può, per le aderenze della palermitana famiglia della moglie, ottenere dal massone Orlando un posto di vice commissario in quel di Mussomeli. Arriva il torbido Ottobre del 1919. Ad Orlando succede Nitti. Nitti chiama attornio a sé a Roma le migliori forze dell'ordine pubblico delòa landa di Caltanissetta, ivi compresi i carabinieri. Riesi sguarnita di callidi custodi dell'ordine pubblico finisce in amno di un bislacco socialistoide, il Butera. Calì da Mazzarino soffia sul fuoco per fottersi il posto parlamntare che occupava lo scialbo Pasqualino, La Prefettura di Caltanissetta - ancora non costituita la Questura - non sa che pesci prendere. Si avvale dell'uomo del decaduto Orlando che stazionava a Mussomeli gli appioppa un  sguarnito manipolo con due mitra agli ordini di uno svagato sottotenentino di Acquaviva. Messana finisce così a Riesi, distaccato, provvisorio, aviìulso da quell'ambiente. Cerca di intimorire la plebaglia in rivolta facendo mostrare dal sottotenentino quelle arcignie mitagliatrici. Ina un occupazione di un feudo ancora in mano di nobili spagnoli, ci riesce. Ma un tale nordico Allegretti, agitatore socialista, non se ne dà per inteso. Raduna le messae eterogeneee tra'iurnatara' surfarara e brutti ceffi in opiane opiazza diìriesna. Si affaccia al balcone e vuole comiziare. Messana si oppone. Su quel vociante assembramento truce il sottotenentino schiera mitra e militari. Nn s sa se vi erano anche i residui carabinieri. Qualcuno dice di sì, ma il  generale Denga venuto a sistemare le cose non ne fa menzione. Il solito furbo riserbo della Benemerita? Allegretti si intimorisce. scende in piazza e si apparta con il Messana per tentare insieme una onorevole via d'uscita. Allegretti sgombrerà la piazza, Messana  ritirerà l'esercito. Senonché parte un colpo di pistola dalla piazza che ferisce un ben preciso militare. Terrorizzati i soldati vìcominciano a sparare sulla folla usando anche il mitra. Al Messana non resta nient'altro che vedere sgomento. Non può far nulla. Chissà perchè certuni seguono il fuggitivo sottotenentino e lo giustiziano in un nascosto cortile. Arriva un ispettore da Roma, il comm. Trani e queto riferisce. Casarrubea riesce negli anno 2.000 a procurarsi uno stralcio di codesto rapporto. Ma l'ANPI di Palermo si reputa legittimata a sciorinare tutte quelle calunnie che abbiamo letto.

Il Mesana viene dal Trani rispedito a casa su due piedi. In un rapportio della Prefettura di Caltanissetta sugli sviluppi della inquietante vicnda, il Messana non viene minimamente citato. Noi però sappiamo che il Messana fu letteralmente sbolognato. Non può tornare a Mussomeli. Destinato a Bologna. Là si agita uno strano personaggio, un tal Benito Mussolini. Messana si dà da fare per farghi gustare i rigori della legge. Apriti cielo. Il desso diviene cavaliere e presidente del consiglio su incaricio del piccolo Vittorio Emanuele III. A Bologna il Messana non può più stare. Lo risbolognano ancora una volta,  destinazione Bolzano, al confine insomma. Là viene apprezzato. Entra nelle grazie del capo della polizia Senise. Diviene Vice Questore. Non ama l'OVRA e la sabota sottraendole il compaesano Picone Chiodo come sapidamente racconta il microstorico principe di Racalmuto Eugenio Napoleone Messana. Altro che agente dell'Ovra con buona pace degli storici in carica all'ANPI di Palermo.

Matura meriti tali per cui al Viminale lo si vuol destinare a Questore di Palermo. Ma lì è feudo mafioso dei Lauricella in combutta con il senatore mafioso Mormino suterese. L'inghippo è documentato presso l'Archivio Centrale di Stato.

Ecco pedché diviene questore di Lubiana. E' duro quanto volete, ma integerrimo: è uomo d'ordine. C'è una legge e lui la legge deve rispettare. La Lubiana dei primio tempi non è certo il teatro degli abubi di Roatta. Successe che tanti partigiani slavi andarono a rifuguarsi in una discreta palazina di Lubiana. I Tedeschi ne vennero subito a conoscenza. Si chiede al Questore Messana di indagare. Messana, nel rispetto assoluto della legge, in contrasto con l'esercito, non tollerando l'ingerenza della gestapo e del gerarca fascista Emilio Grazioli che si era arrogato il compito esclusivo del rispetto dell'ordine pubblico.  

domenica 29 ottobre 2017

 


Assunta Russo Tutti i gruppi dei dipendenti ed ex
della Banca d'Italia (anch'essa ex) si dichiarano indipendenti...
non si capisce bene da chi e da cosa, la realtà mi
suggerisce, dai sindacati
CGIL-CISL-UIL nonché dai partiti di sinistra.
------------------
Carissima Tina, siamo in mezzo al guado, il guado istituzionale, politico, economico, bancario, creditizio e tutto sembra risolto, conciato, sistemato con il rinnovo di Visco, con Renzi ancora una volta scornato.
Il caso BI non è però risolto. Non è faccenda riconducibile a ripicche di uomini assurti per immedesimazioni organiche a ruoli molto più grandi di loro.
Che la BI debba essere disegnata ex novo non può metterlo in dubbio nessuno. Amputato l'articolo 1 della vecchia legge bancaria siamo allo smarrimento, al caos, alla insipienza istituzionale, al rovello costituzionale. L'art. 47 della Costituzione, dopo il no alla riforma Renzi, dovrebbe essere più vivo e attuale che mai. Ed invece oggi la Repubblica può tutelare il risparmio, disciplinare coordinare e controllare l'esercizio del credito entro un ambito molto ristretto, pressoché insignificante, lasciatole da Draghi o peggio da qualche altro anglofono suo successore. E solo perché vi era codesto bel quadro normativo costituzionale che la Banca d'Italia potè assurgere a ruoli egemoni, come si diceva ai miei tempi sopra le parti. Si era potuta traghettare una legge fascista perchè all'art. 1 recitava,"la raccolta del risparmio fra il pubblico sotto ogni forma e l'esercizio del credito sono funzioni di interesse pubblico regolate dalle norme della presente legge' e la 'presente legge' dava risaltto costituzionale alla BI quale 'istituto di emissione' ex titolo terzo ed altro. Dei nocchieri ripescati dopo la falla del colpo di mano di Andreotti che seppe incarcerare il nostro Sarcinelli, hanno avuto la brillante idea di cassare un siffattiìo pilastro giustipubblicidstico quale era l'art. 1. Oggi abbiamo uno zatterone senza capo né coda che non si sa perchè continui a chiamarsi Banca d'Italia. Certo c'era quel dettato ambiguo che voleva funzioni 'di interesse pubblico': non dunque, 'funzioni pubbliche' dissero quelli della Consulenza Legale concepita da Carli, ma anodine volatili funzioni di un qualche 'interesse' pubblico. Tutto a discrezione del Principe al di sopra delle parti, il Governatore Carli per intenderci. E certo Carli quella caratura sovrastante ce l'aveva. Non ce l'ebbero poi Baffi e il suo transeunte nobile successore, nè il mammoletta Ciampi, nè il mistico Fazio, e neppure l'americanino oggi a Bruxelles e se debbo essere schietto neppure il timido Visco. Renzi si strappa le vesti gridando Visco non è stato vigile. Vigile in che senso? Visco ora deve barcamenarsi tra un bilancio incastrato tra costi e benefici per conto di super arricchiti partecipanti 'privati', direttive comunitarie stravolgenti ogni nostra mirabile cultura aziendalistica bancaria, la sovraordinata sua figliolina Consob e per quel che resta le normali autorità di quella Repubblica che ai sensi dell'art. 47 della Constituzione deve continuare a tutelare il risparmio da una parte e a discipliare il credito dall'altro, come se tale dissociazione schizoide fosse ammissibile. Un caos dunque, un caos che va ingabbiato, corretto, e 'fugato'. E da parte di chi? ma certo dal Parlamento. E qui Renzi per me non ha tutti i torti. Ha però torto a volere essere lui da risibile segretario di un partito azzoppato a 'dettar legge'. E' solo per colpa sua e della sua piangente Boschi se la Etruria è finita dove è finita. E a lui sono imputabili derive alla MPS o alla triplice caduta delle banche care a Padoan. Non hanno dignità nel grado tutti questi parlamentari bacati dal Porcellum. Visco continuerà a fare il nocchiero di questo barcollante zatterone di palazzo Koch per altri sei anni, per nostra fortuna Camera e Senato fra sei mesi comunque agisca il Rosatellum saranno altra cosa. Non credo che Grasso torni ad ammettere mozioni di fiducia che dice poi nion aver gradito e neppure penso tornerà a disciplinare Montecitorio la bella donna amica dei nocchieri traghettatori di migranti neri. C'è da sperare? Carissima Tina sono alquanto sfiduciato. Non vedo menti pensati in giro. La Cgil di Camusso mantiene Cottini a capo dei pensionati BI con qualche verniciatura di rosso, Papi frega Leone e Calandrino può impunemente cacciarmi via da Bankitalia sol perché parlerei difficile secondo il seminarista subiacense e oso 'filosofeggiare' in raduni pensionistici che aspirano a lucrare con outrighit CSR. La vedo brutta.

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Assunta Russo Tutti i gruppi dei dipendenti ed ex
della Banca d'Italia (anch'essa ex) si dichiarano indipendenti...
non si capisce bene da chi e da cosa, la realtà mi
suggerisce, dai sindacati
CGIL-CISL-UIL nonché dai partiti di sinistra.
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Carissima Tina, siamo in mezzo al guado, il guado istituzionale, politico, economico, bancario, creditizio e tutto sembra risolto, conciato, sistemato con il rinnovo di Visco, con Renzi ancora una volta scornato.
Il caso BI non è però risolto. Non è faccenda riconducibile a ripicche di uomini assurti per immedesimazioni organiche a ruoli molto più grandi di loro.
Che la BI debba essere disegnata ex novo non può metterlo in dubbio nessuno. Amputato l'articolo 1 della vecchia legge bancaria siamo allo smarrimento, al caos, alla insipienza istituzionale, al rovello costituzionale. L'art. 47 della Costituzione, dopo il no alla riforma Renzi, dovrebbe essere più vivo e attuale che mai. Ed invece oggi la Repubblica può tutelare il risparmio, disciplinare coordinare e controllare l'esercizio del credito entro un ambito molto ristretto, pressoché insignificante, lasciatole da Draghi o peggio da qualche altro anglofono suo successore. E solo perché vi era codesto bel quadro normativo costituzionale che la Banca d'Italia potè assurgere a ruoli egemoni, come si diceva ai miei tempi sopra le parti. Si era potuta traghettare una legge fascista perchè all'art. 1 recitava,"la raccolta del risparmio fra il pubblico sotto ogni forma e l'esercizio del credito sono funzioni di interesse pubblico regolate dalle norme della presente legge' e la 'presente legge' dava risaltto costituzionale alla BI quale 'istituto di emissione' ex titolo terzo ed altro. Dei nocchieri ripescati dopo la falla del colpo di mano di Andreotti che seppe incarcerare il nostro Sarcinelli, hanno avuto la brillante idea di cassare un siffattiìo pilastro giustipubblicidstico quale era l'art. 1. Oggi abbiamo uno zatterone senza capo né coda che non si sa perchè continui a chiamarsi Banca d'Italia. Certo c'era quel dettato ambiguo che voleva funzioni 'di interesse pubblico': non dunque, 'funzioni pubbliche' dissero quelli della Consulenza Legale concepita da Carli, ma anodine volatili funzioni di un qualche 'interesse' pubblico. Tutto a discrezione del Principe al di sopra delle parti, il Governatore Carli per intenderci. E certo Carli quella caratura sovrastante ce l'aveva. Non ce l'ebbero poi Baffi e il suo transeunte nobile successore, nè il mammoletta Ciampi, nè il mistico Fazio, e neppure l'americanino oggi a Bruxelles e se debbo essere schietto neppure il timido Visco. Renzi si strappa le vesti gridando Visco non è stato vigile. Vigile in che senso? Visco ora deve barcamenarsi tra un bilancio incastrato tra costi e benefici per conto di super arricchiti partecipanti 'privati', direttive comunitarie stravolgenti ogni nostra mirabile cultura aziendalistica bancaria, la sovraordinata sua figliolina Consob e per quel che resta le normali autorità di quella Repubblica che ai sensi dell'art. 47 della Constituzione deve continuare a tutelare il risparmio da una parte e a discipliare il credito dall'altro, come se tale dissociazione schizoide fosse ammissibile. Un caos dunque, un caos che va ingabbiato, corretto, e 'fugato'. E da parte di chi? ma certo dal Parlamento. E qui Renzi per me non ha tutti i torti. Ha però torto a volere essere lui da risibile segretario di un partito azzoppato a 'dettar legge'. E' solo per colpa sua e della sua piangente Boschi se la Etruria è finita dove è finita. E a lui sono imputabili derive alla MPS o alla triplice caduta delle banche care a Padoan. Non hanno dignità nel grado tutti questi parlamentari bacati dal Porcellum. Visco continuerà a fare il nocchiero di questo barcollante zatterone di palazzo Koch per altri sei anni, per nostra fortuna Camera e Senato fra sei mesi comunque agisca il Rosatellum saranno altra cosa. Non credo che Grasso torni ad ammettere mozioni di fiducia che dice poi nion aver gradito e neppure penso tornerà a disciplinare Montecitorio la bella donna amica dei nocchieri traghettatori di migranti neri. C'è da sperare? Carissima Tina sono alquanto sfiduciato. Non vedo menti pensati in giro. La Cgil di Camusso mantiene Cottini a capo dei pensionati BI con qualche verniciatura di rosso, Papi frega Leone e Calandrino può impunemente cacciarmi via da Bankitalia sol perché parlerei difficile secondo il seminarista subiacense e oso 'filosofeggiare' in raduni pensionistici che aspirano a lucrare con outrighit CSR. La vedo brutta.
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sabato 28 ottobre 2017


All'apice indiscutibilmente sua Eccellenza grande ufficiale della Repubblica italiana e altamente insignito dai Savoia, questore per antonomasia ma molto di più nei ruoli e nella sapienza della POLIZIA DELLO STATO ITALIANO (certe infamie ultra false anche per sentenze inappellabili tornano SOLO a disdoro di certi incolti sedicenti storici), ascoltato e rispettato consulente per una decina di anni di Alcide De Gasperi, onore e vanto della Racalmuto migliore: il dottore Ettore Messana; la cugina professoressa Elettra Messana: una virago bella e colta, fascista ma ammirata docente di lettere, autrice persino di un testo di prestigio sul Tassoni, espressione del femminismo racalmutese quello combattivo, intrepido, valoroso; e il nostro conosciuto e stimato don Luigino Messana, il molosso di irriducibile fede elitaria, custode sommo della migliore tradizione locale, faro della ideologia del vero Circolo Unione, personaggio osannato dallo Sciascia delle Parrocchie di Regalpetra.
Mi inchino riverente al cospetto di codeste tre onorate figure della grande cultura di questo mio ineffabile piccolo paese: RACALMUTO.

All'apice indiscutibilmente sua Eccellenza grande ufficiale della Repubblica italiana e altamente insignito dai Savoia, questore per antonomasia ma molto di più nei ruoli e nella sapienza della POLIZIA DELLO STATO ITALIANO (certe infamie ultra false anche per sentenze inappellabili tornano SOLO a disdoro di certi incolti sedicenti storici), ascoltato e rispettato consulente per una decina di anni di Alcide De Gasperi, onore e vanto della Racalmuto migliore: il dottore Ettore Messana; la cugina professoressa Elettra Messana: una virago bella e colta, fascista ma ammirata docente di lettere, autrice persino di un testo di prestigio sul Tassoni, espressione del femminismo racalmutese quello combattivo, intrepido, valoroso; e il nostro conosciuto e stimato don Luigino Messana, il molosso di irriducibile fede elitaria, custode sommo della migliore tradizione locale, faro della ideologia del vero Circolo Unione, personaggio osannato dallo Sciascia delle Parrocchie di Regalpetra.
Mi inchino riverente al cospetto di codeste tre onorate figure della grande cultura di questo mio ineffabile piccolo paese: RACALMUTO.
I tre grandi MESSANA racalmutesi da onorare in eterno
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Tre grandi racalmutesi, tre spettacolari personaggi, tre bandiere, tre vessilli di una Racalmuto del Millennio Scorso oggi purtroppo (o per alcuni fortunatamente) inconcepibile.
Tre cugini tra loro legatissimi, talora anche in dissidio con le altre schiatte del frondoso albero dell'ottocentesca famiglia Messana.
All'apice indiscutibilmente sua Eccellenza grande ufficiale della Repubblica italiana e altamente insignito dai Savoia, questore per antonomasia ma molto di più nei ruoli e nella sapienza della POLIZIA DELLO STATO ITALIANO (certe infamie ultra false anche per sentenze inappellabili tornano SOLO a disdoro di certi incolti sedicenti storici), ascoltato e rispettato consulente per una decina di anni di Alcide De Gasperi, onore e vanto della Racalmuto migliore: il dottore Ettore Messana; la cugina professoressa Elettra Messana: una virago bella e colta, fascista ma ammirata docente di lettere, autrice persino di un testo di prestigio sul Tassoni, espressione del femminismo racalmutese quello combattivo, intrepido, valoroso; e il nostro conosciuto e stimato don Luigino Messana, il molosso di irriducibile fede elitaria, custode sommo della migliore tradizione locale, faro della ideologia del vero Circolo Unione, personaggio osannato dallo Sciascia delle Parrocchie di Regalpetra.
Mi inchino riverente al cospetto di codeste tre onorate figure della grande cultura di questo mio ineffabile piccolo paese: RACALMUTO.
Ricordiamocelo, quando traballano le istituzioni, traballiamo pure noi, noi tutti. E uesta congiuntura mi accascia: Rosatellum approvato con cinque mozioni di fiducua ammesse da Grasso, Grasso che compie l'atto teatrale contro Renzi, Renzi che costringe la camera a intromettersi nell'affafre Visco, Visco sfidcuato dall'estraneo Renzi, i ministri sodali di Renzi che disertano il consiglio dei ministri di Gentiloni che decide sul rinnovo di Visco, proprio quando l'intera Italia dovtà vedersela con l'asfissiante politica monetaria deflazionistica impostaci dall'estraneo Draghi. Mi preoccupo; non è più dialettica demiocratica - vivificante - ma è rabbia personalistica di chi ha immedesimazioni pubbliche. Mi consolo con la mia inossidabile fede nella immortalità delle Istituzioni al cui vertice domina lo Stato di diritto.
Ricordiamocelo, quando traballano le istituzioni, traballiamo pure noi, noi tutti. E uesta congiuntura mi accascia: Rosatellum approvato con cinque mozioni di fiducua ammesse da Grasso, Grasso che compie l'atto teatrale contro Renzi, Renzi che costringe la camera a intromettersi nell'affafre Visco, Visco sfidcuato dall'estraneo Renzi, i ministri sodali di Renzi che disertano il consiglio dei ministri di Gentiloni che decide sul rinnovo di Visco, proprio quando l'intera Italia dovtà vedersela con l'asfissiante politica monetaria deflazionistica impostaci dall'estraneo Draghi. Mi preoccupo; non è più dialettica demiocratica - vivificante - ma è rabbia personalistica di chi ha immedesimazioni pubbliche. Mi consolo con la mia inossidabile fede nella immortalità delle Istituzioni al cui vertice domina lo Stato di diritto.

venerdì 27 ottobre 2017


Scrive Tanu Savatteri a pag. 228 del suo riedito 'i ragazzi di regalpetra': <Gli amici degli amici offrirono singolare accoglienza al capo dello Stato. All'alba dell'11 febbraio, in un paese sotto sorveglianza, carabinieri e poliziotti in pattuglia costante, il Comune impegnato a riparare buche nell'asfaltro vecchie d'anni, gli spazzini alacri come non mai per rendere più decorose le vie d'accesso, sul muro della Fondazione Leonatdo Sciascia spuntò una frase: " Uniti contro il 41 bis". Quasi un modo di dire: ci siamo anche noi, presidente, gli amici in carcere non se la passano bene. La scritta cancellata d'urgenza, restò la pennalleta di vernice viva sull'intonaco giallo smangiato dal tempo.>
Npn ti pare alquanto infame questa tua vernice viva cancellata magari per tuo ntervento, potendoti guastare l'assoluziodel tuo essere inodoneo a dirigere il Teatro monarchico di racalmuto? Non avevi prima anche tu brigato per far dare un vecchio catorcio di computer al tuo sfruttato 4 bis (non 41 bis) Alfredo Sole?
Ti degnerai di darmi una qualche magari irata spiegazione?
Già! Alfredo che si attaccava al 41 bis per non farsi mettere in una cella a due, ora pur derubricato come ostativo attenuato l'hanno violentemente imprigionato in una cella a due per fine pena mai. E tu sei sordo! Credo che stavolta davvero Alfredo la fa finita. Sì, perché Alfredo Sole in carcere, dopo 27 anni, non se la passa bene, se la passa peggio! Più di come imbrattare questa invereconda inutile dannosa cattedrale nel deserto che vi impuntate ancora a chiamare "FONDAZIONE LEONARDO SCIASSCIA". Calogero Taverna
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Lillo Taverna lettere da...
Lettere ostative, Alfredo Sole - Carcere di Opera

UNA CITTÀ n. 207 / 2013 Novembre
Articolo di Alfredo Sole
LETTERE OSTATIVE
Una legge va sempre rispettata oppure si rispetta solo quando fa comodo?
\r \r Quando a Socrate i discepoli proposero la fuga dopo aver già corrotto il carceriere, lui scelse di non scappare e bevve la cicuta. Perché lo fece? Aveva la possibilità di rimediare all’errore degli esseri umani che lo condannarono a morte attraverso la giustizia e le sue leggi. Ma non lo fece, preferì morire. Subito dopo la sua esecuzione i Greci si resero conto di aver commesso il più grande errore che oggi, a buon diritto, dopo la crocifissione di Cristo, può essere definito il più grave errore della storia umana. Se Socrate fosse fuggito, i Greci avrebbero capito lo stesso che era stato un errore condannarlo? Forse sì, oppure no, non possiamo dirlo con certezza. 
\r \r Socrate scelse di morire, non per far sentire in colpa le sue genti, ma per non andare contro quelle leggi che tanto amava. Fuggendo avrebbe messo in discussione quelle stesse leggi che un popolo si dà e che per questo, anche se a volte sono scomode, vanno rispettate, e non soltanto quando fanno comodo. Le leggi stesse potrebbero presentarsi davanti a lui e rimproverarlo di ribellarsi a un’autorità dello Stato, accettata del resto nel corso della sua vita. Non è il caso di riportare qui il bellissimo dialogo tra Socrate e Critone, il discepolo che gli propose la fuga, anche se sarebbe molto costruttivo. Il succo di questo lungo e straordinario dialogo fra il maestro e il suo discepolo è che comunque una legge va rispettata sempre. Non farlo, lo stesso concetto di legge, di giustizia, di civiltà perderebbe di senso.
\r \r L’articolo 22 del codice penale italiano è una norma di legge che regola il modo in cui un ergastolano deve scontare la sua pena. Quando i magistrati di sorveglianza sono chiamati a far rispettare tale legge, scrivono: "L’art.22 c.p. è una norma di legge tassativa che non prevede forme di deroga da parte dell’amministrazione penitenziaria”. Quella "norma di legge tassativa” ha un significato abbastanza chiaro, non c’è pericolo di fraintenderla o addirittura di non comprenderla, a meno di non essere cerebrolesi. Ma, ogni volta, in carceri diversi sorge lo stesso problema. L’amministrazione penitenziaria fa di tutto per eludere una precisa legge. Qui, nel carcere di Milano Opera, fino ad oggi, almeno per quella fascia di detenuti considerati pericolosi, l’articolo 22 del codice penale è stato rispettato. Fino a quando qualche ben pensante non ha deciso che, tutto sommato, basterà ammassare i detenuti dell’AS1 in un’unica sezione, ed ecco che per magia, come un prestigiatore che tira fuori un coniglio dal cilindro, ricava 50 posti letto, noncurante che per questo gioco di prestigio dovrà infrangere una norma tassativa.
\r \r Nelle prossime settimane tutto il nostro padiglione dovrà spostarsi in un altro padiglione, e quelli che sono lì, i cosiddetti "comuni”, passeranno nel nostro. In questo passaggio l’amministrazione penitenziaria, che sia quella locale o nazionale, vorrebbe guadagnarci 50 posti in più, accatastando gli ergastolani tutti in una unica sezione, messi di conseguenza in due per cella e violando l’art. 22, appunto, che obbliga all’isolamento notturno. In più, in due in una cella pensata per una sola persona, dove lo spazio non è certo uno dei pregi… Tanto per fare un esempio, il bagno è così piccolo che per piegarti in avanti e lavarti il viso sul lavandino devi aprire la porta alle tue spalle, altrimenti non puoi piegarti. Questo è il quadro. Avete presente i box delle scuderie, dove si vedono tutte quelle teste di cavalli messi infila che escono fuori dalla porta? Beh, quella di certo è una bella vista... La differenza è che a loro dai box escono fuori le teste, mentre se si passa di mattino nei corridoi delle sezioni, quando tutti si stanno lavando la faccia nel lavandino, si vede che a noi fuori dalla porta del bagno-box escono i culi. Queste celle sono già abbastanza umilianti per una sola persona, pensate come potrebbero essere se abitate da due. Messa un’altra branda rimarrebbe dalla finestra alla porta del bagno un corridoio non più largo di 60 centimetri, e uno "spiazzo” di due metri per un metro davanti al cancello. Due persone non potranno stare contemporaneamente in piedi. 
\r \r Per detenuti abituati a stare da soli in cella da non meno di 20 anni quello spazio, seppur angustio e spesso umiliante, è diventato l’unico mondo vivibile e irrinunciabile. Sarebbe non solo un oltraggio alla dignità del detenuto, ma da criminali violare una legge per convenienza, incuranti del male che verrebbe inflitto.
\r \r Gli esseri umani hanno uno "spazio vitale” personale, intimo, che non può essere violato se non con il proprio consenso. Pensate all’abbraccio fra due persone; ciascuno viola lo spazio dell’altro (lo spazio vitale), ma con reciproco consenso. A volte questo spazio viene violato con tacito consenso, come quando ad esempio si sale su un pullman affollato, ma è tolleranza che si sa destinata a durare poco. Ma se quello stesso spazio vitale venisse violato, che so, mentre siete fermi ad aspettare lo stesso pullman, verrebbe percepito come aggressione alla persona. 
\r \r Ancora un motivo del perché non si debba violare una norma di legge tassativa. La detenzione non è una vacanza, è la soppressione sistematica dell’individuo in quanto uomo, l’allontanamento da una società democratica per un regime più o meno totalitario. Spesso si è costretti a sottostare a regolamenti che non lasciano spazio a una logica che li possa giustificare. Di conseguenza il detenuto è costretto a subire il carcere e non "viverlo” in conformità con quelle stesse leggi che regolano la carcerazione.
\r \r È già difficile vivere in queste condizioni per quei detenuti che, tutto sommato, hanno un fine pena e possono concentrare tutta la loro forza di sopravvivenza nell’attesa del termine. Un ergastolano non ha una scadenza pena, non ha un punto fermo nel tempo e nello spazio da cui trarre forza per sopravvivere. È costretto a crearsi un mondo fittizio, tutto suo e lo fa all’ombra della sua solitudine. 
\r \r Nel momento in cui questo mondo viene violato con la forza introducendo un altro detenuto nel suo spazio vitale, crolla quel mondo che, seppur fittizio, fatto di illusioni, di false speranze, con l’unica realtà di una privacy inviolabile, è unica fonte di forza per sopravvivere a una pena che non ha fine.
\r \r Più di venti anni di solitudine non possono essere cancellati con un colpo da prestigiatori. 
\r \r Se oggi non siamo disposti a spartire quel poco spazio in cui viviamo, non è per un "capriccio” dell’ergastolano. Il nostro isolamento è stato imposto dalle leggi italiane. In 20, 25, 30 anni di carcere siamo sempre stati giudicati così pericolosi da non poter condividere nulla con altro essere umano, ma solo con i propri fantasmi. Credetemi, io e i miei fantasmi siamo già troppi. Una cella davvero affollata.
\r \r Non c’è e non debbono esserci convenienze, una legge, in quanto tale, va sempre rispettata. Se accettassi di scontare la mia pena all’ergastolo in una cella doppia, sarei complice di chi l’art 22 c.p. l’ha voluto. E io non ho intenzione di violare una legge che per 23 anni ha fatto comodo a chi me l’ha imposta e che adesso, sempre per comodità, vorrebbe violarla.
\r \r Alfredo Sole
\r \r Carcere di Opera ...lettere da...
Lettere ostative, Alfredo Sole - Carcere di Opera

UNA CITTÀ n. 207 / 2013 Novembre
Articolo di Alfredo Sole
LETTERE OSTATIVE
Una legge va sempre rispettata oppure si rispetta solo quando fa comodo?
\r \r Quando a Socrate i discepoli proposero la fuga dopo aver già corrotto il carceriere, lui scelse di non scappare e bevve la cicuta. Perché lo fece? Aveva la possibilità di rimediare all’errore degli esseri umani che lo condannarono a morte attraverso la giustizia e le sue leggi. Ma non lo fece, preferì morire. Subito dopo la sua esecuzione i Greci si resero conto di aver commesso il più grande errore che oggi, a buon diritto, dopo la crocifissione di Cristo, può essere definito il più grave errore della storia umana. Se Socrate fosse fuggito, i Greci avrebbero capito lo stesso che era stato un errore condannarlo? Forse sì, oppure no, non possiamo dirlo con certezza. 
\r \r Socrate scelse di morire, non per far sentire in colpa le sue genti, ma per non andare contro quelle leggi che tanto amava. Fuggendo avrebbe messo in discussione quelle stesse leggi che un popolo si dà e che per questo, anche se a volte sono scomode, vanno rispettate, e non soltanto quando fanno comodo. Le leggi stesse potrebbero presentarsi davanti a lui e rimproverarlo di ribellarsi a un’autorità dello Stato, accettata del resto nel corso della sua vita. Non è il caso di riportare qui il bellissimo dialogo tra Socrate e Critone, il discepolo che gli propose la fuga, anche se sarebbe molto costruttivo. Il succo di questo lungo e straordinario dialogo fra il maestro e il suo discepolo è che comunque una legge va rispettata sempre. Non farlo, lo stesso concetto di legge, di giustizia, di civiltà perderebbe di senso.
\r \r L’articolo 22 del codice penale italiano è una norma di legge che regola il modo in cui un ergastolano deve scontare la sua pena. Quando i magistrati di sorveglianza sono chiamati a far rispettare tale legge, scrivono: "L’art.22 c.p. è una norma di legge tassativa che non prevede forme di deroga da parte dell’amministrazione penitenziaria”. Quella "norma di legge tassativa” ha un significato abbastanza chiaro, non c’è pericolo di fraintenderla o addirittura di non comprenderla, a meno di non essere cerebrolesi. Ma, ogni volta, in carceri diversi sorge lo stesso problema. L’amministrazione penitenziaria fa di tutto per eludere una precisa legge. Qui, nel carcere di Milano Opera, fino ad oggi, almeno per quella fascia di detenuti considerati pericolosi, l’articolo 22 del codice penale è stato rispettato. Fino a quando qualche ben pensante non ha deciso che, tutto sommato, basterà ammassare i detenuti dell’AS1 in un’unica sezione, ed ecco che per magia, come un prestigiatore che tira fuori un coniglio dal cilindro, ricava 50 posti letto, noncurante che per questo gioco di prestigio dovrà infrangere una norma tassativa.
\r \r Nelle prossime settimane tutto il nostro padiglione dovrà spostarsi in un altro padiglione, e quelli che sono lì, i cosiddetti "comuni”, passeranno nel nostro. In questo passaggio l’amministrazione penitenziaria, che sia quella locale o nazionale, vorrebbe guadagnarci 50 posti in più, accatastando gli ergastolani tutti in una unica sezione, messi di conseguenza in due per cella e violando l’art. 22, appunto, che obbliga all’isolamento notturno. In più, in due in una cella pensata per una sola persona, dove lo spazio non è certo uno dei pregi… Tanto per fare un esempio, il bagno è così piccolo che per piegarti in avanti e lavarti il viso sul lavandino devi aprire la porta alle tue spalle, altrimenti non puoi piegarti. Questo è il quadro. Avete presente i box delle scuderie, dove si vedono tutte quelle teste di cavalli messi infila che escono fuori dalla porta? Beh, quella di certo è una bella vista... La differenza è che a loro dai box escono fuori le teste, mentre se si passa di mattino nei corridoi delle sezioni, quando tutti si stanno lavando la faccia nel lavandino, si vede che a noi fuori dalla porta del bagno-box escono i culi. Queste celle sono già abbastanza umilianti per una sola persona, pensate come potrebbero essere se abitate da due. Messa un’altra branda rimarrebbe dalla finestra alla porta del bagno un corridoio non più largo di 60 centimetri, e uno "spiazzo” di due metri per un metro davanti al cancello. Due persone non potranno stare contemporaneamente in piedi. 
\r \r Per detenuti abituati a stare da soli in cella da non meno di 20 anni quello spazio, seppur angustio e spesso umiliante, è diventato l’unico mondo vivibile e irrinunciabile. Sarebbe non solo un oltraggio alla dignità del detenuto, ma da criminali violare una legge per convenienza, incuranti del male che verrebbe inflitto.
\r \r Gli esseri umani hanno uno "spazio vitale” personale, intimo, che non può essere violato se non con il proprio consenso. Pensate all’abbraccio fra due persone; ciascuno viola lo spazio dell’altro (lo spazio vitale), ma con reciproco consenso. A volte questo spazio viene violato con tacito consenso, come quando ad esempio si sale su un pullman affollato, ma è tolleranza che si sa destinata a durare poco. Ma se quello stesso spazio vitale venisse violato, che so, mentre siete fermi ad aspettare lo stesso pullman, verrebbe percepito come aggressione alla persona. 
\r \r Ancora un motivo del perché non si debba violare una norma di legge tassativa. La detenzione non è una vacanza, è la soppressione sistematica dell’individuo in quanto uomo, l’allontanamento da una società democratica per un regime più o meno totalitario. Spesso si è costretti a sottostare a regolamenti che non lasciano spazio a una logica che li possa giustificare. Di conseguenza il detenuto è costretto a subire il carcere e non "viverlo” in conformità con quelle stesse leggi che regolano la carcerazione.
\r \r È già difficile vivere in queste condizioni per quei detenuti che, tutto sommato, hanno un fine pena e possono concentrare tutta la loro forza di sopravvivenza nell’attesa del termine. Un ergastolano non ha una scadenza pena, non ha un punto fermo nel tempo e nello spazio da cui trarre forza per sopravvivere. È costretto a crearsi un mondo fittizio, tutto suo e lo fa all’ombra della sua solitudine. 
\r \r Nel momento in cui questo mondo viene violato con la forza introducendo un altro detenuto nel suo spazio vitale, crolla quel mondo che, seppur fittizio, fatto di illusioni, di false speranze, con l’unica realtà di una privacy inviolabile, è unica fonte di forza per sopravvivere a una pena che non ha fine.
\r \r Più di venti anni di solitudine non possono essere cancellati con un colpo da prestigiatori. 
\r \r Se oggi non siamo disposti a spartire quel poco spazio in cui viviamo, non è per un "capriccio” dell’ergastolano. Il nostro isolamento è stato imposto dalle leggi italiane. In 20, 25, 30 anni di carcere siamo sempre stati giudicati così pericolosi da non poter condividere nulla con altro essere umano, ma solo con i propri fantasmi. Credetemi, io e i miei fantasmi siamo già troppi. Una cella davvero affollata.
\r \r Non c’è e non debbono esserci convenienze, una legge, in quanto tale, va sempre rispettata. Se accettassi di scontare la mia pena all’ergastolo in una cella doppia, sarei complice di chi l’art 22 c.p. l’ha voluto. E io non ho intenzione di violare una legge che per 23 anni ha fatto comodo a chi me l’ha imposta e che adesso, sempre per comodità, vorrebbe violarla.
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UNA CITTÀ n. 207 / 2013 Novembre
Articolo di Alfredo Sole
LETTERE OSTATIVE
Una legge va sempre rispettata oppure si rispetta solo quando fa comodo?
\r \r Quando a Socrate i discepoli proposero la fuga dopo aver già corrotto il carceriere, lui scelse di non scappare e bevve la cicuta. Perché lo fece? Aveva la possibilità di rimediare all’errore degli esseri umani che lo condannarono a morte attraverso la giustizia e le sue leggi. Ma non lo fece, preferì morire. Subito dopo la sua esecuzione i Greci si resero conto di aver commesso il più grande errore che oggi, a buon diritto, dopo la crocifissione di Cristo, può essere definito il più grave errore della storia umana. Se Socrate fosse fuggito, i Greci avrebbero capito lo stesso che era stato un errore condannarlo? Forse sì, oppure no, non possiamo dirlo con certezza. 
\r \r Socrate scelse di morire, non per far sentire in colpa le sue genti, ma per non andare contro quelle leggi che tanto amava. Fuggendo avrebbe messo in discussione quelle stesse leggi che un popolo si dà e che per questo, anche se a volte sono scomode, vanno rispettate, e non soltanto quando fanno comodo. Le leggi stesse potrebbero presentarsi davanti a lui e rimproverarlo di ribellarsi a un’autorità dello Stato, accettata del resto nel corso della sua vita. Non è il caso di riportare qui il bellissimo dialogo tra Socrate e Critone, il discepolo che gli propose la fuga, anche se sarebbe molto costruttivo. Il succo di questo lungo e straordinario dialogo fra il maestro e il suo discepolo è che comunque una legge va rispettata sempre. Non farlo, lo stesso concetto di legge, di giustizia, di civiltà perderebbe di senso.
\r \r L’articolo 22 del codice penale italiano è una norma di legge che regola il modo in cui un ergastolano deve scontare la sua pena. Quando i magistrati di sorveglianza sono chiamati a far rispettare tale legge, scrivono: "L’art.22 c.p. è una norma di legge tassativa che non prevede forme di deroga da parte dell’amministrazione penitenziaria”. Quella "norma di legge tassativa” ha un significato abbastanza chiaro, non c’è pericolo di fraintenderla o addirittura di non comprenderla, a meno di non essere cerebrolesi. Ma, ogni volta, in carceri diversi sorge lo stesso problema. L’amministrazione penitenziaria fa di tutto per eludere una precisa legge. Qui, nel carcere di Milano Opera, fino ad oggi, almeno per quella fascia di detenuti considerati pericolosi, l’articolo 22 del codice penale è stato rispettato. Fino a quando qualche ben pensante non ha deciso che, tutto sommato, basterà ammassare i detenuti dell’AS1 in un’unica sezione, ed ecco che per magia, come un prestigiatore che tira fuori un coniglio dal cilindro, ricava 50 posti letto, noncurante che per questo gioco di prestigio dovrà infrangere una norma tassativa.
\r \r Nelle prossime settimane tutto il nostro padiglione dovrà spostarsi in un altro padiglione, e quelli che sono lì, i cosiddetti "comuni”, passeranno nel nostro. In questo passaggio l’amministrazione penitenziaria, che sia quella locale o nazionale, vorrebbe guadagnarci 50 posti in più, accatastando gli ergastolani tutti in una unica sezione, messi di conseguenza in due per cella e violando l’art. 22, appunto, che obbliga all’isolamento notturno. In più, in due in una cella pensata per una sola persona, dove lo spazio non è certo uno dei pregi… Tanto per fare un esempio, il bagno è così piccolo che per piegarti in avanti e lavarti il viso sul lavandino devi aprire la porta alle tue spalle, altrimenti non puoi piegarti. Questo è il quadro. Avete presente i box delle scuderie, dove si vedono tutte quelle teste di cavalli messi infila che escono fuori dalla porta? Beh, quella di certo è una bella vista... La differenza è che a loro dai box escono fuori le teste, mentre se si passa di mattino nei corridoi delle sezioni, quando tutti si stanno lavando la faccia nel lavandino, si vede che a noi fuori dalla porta del bagno-box escono i culi. Queste celle sono già abbastanza umilianti per una sola persona, pensate come potrebbero essere se abitate da due. Messa un’altra branda rimarrebbe dalla finestra alla porta del bagno un corridoio non più largo di 60 centimetri, e uno "spiazzo” di due metri per un metro davanti al cancello. Due persone non potranno stare contemporaneamente in piedi. 
\r \r Per detenuti abituati a stare da soli in cella da non meno di 20 anni quello spazio, seppur angustio e spesso umiliante, è diventato l’unico mondo vivibile e irrinunciabile. Sarebbe non solo un oltraggio alla dignità del detenuto, ma da criminali violare una legge per convenienza, incuranti del male che verrebbe inflitto.
\r \r Gli esseri umani hanno uno "spazio vitale” personale, intimo, che non può essere violato se non con il proprio consenso. Pensate all’abbraccio fra due persone; ciascuno viola lo spazio dell’altro (lo spazio vitale), ma con reciproco consenso. A volte questo spazio viene violato con tacito consenso, come quando ad esempio si sale su un pullman affollato, ma è tolleranza che si sa destinata a durare poco. Ma se quello stesso spazio vitale venisse violato, che so, mentre siete fermi ad aspettare lo stesso pullman, verrebbe percepito come aggressione alla persona. 
\r \r Ancora un motivo del perché non si debba violare una norma di legge tassativa. La detenzione non è una vacanza, è la soppressione sistematica dell’individuo in quanto uomo, l’allontanamento da una società democratica per un regime più o meno totalitario. Spesso si è costretti a sottostare a regolamenti che non lasciano spazio a una logica che li possa giustificare. Di conseguenza il detenuto è costretto a subire il carcere e non "viverlo” in conformità con quelle stesse leggi che regolano la carcerazione.
\r \r È già difficile vivere in queste condizioni per quei detenuti che, tutto sommato, hanno un fine pena e possono concentrare tutta la loro forza di sopravvivenza nell’attesa del termine. Un ergastolano non ha una scadenza pena, non ha un punto fermo nel tempo e nello spazio da cui trarre forza per sopravvivere. È costretto a crearsi un mondo fittizio, tutto suo e lo fa all’ombra della sua solitudine. 
\r \r Nel momento in cui questo mondo viene violato con la forza introducendo un altro detenuto nel suo spazio vitale, crolla quel mondo che, seppur fittizio, fatto di illusioni, di false speranze, con l’unica realtà di una privacy inviolabile, è unica fonte di forza per sopravvivere a una pena che non ha fine.
\r \r Più di venti anni di solitudine non possono essere cancellati con un colpo da prestigiatori. 
\r \r Se oggi non siamo disposti a spartire quel poco spazio in cui viviamo, non è per un "capriccio” dell’ergastolano. Il nostro isolamento è stato imposto dalle leggi italiane. In 20, 25, 30 anni di carcere siamo sempre stati giudicati così pericolosi da non poter condividere nulla con altro essere umano, ma solo con i propri fantasmi. Credetemi, io e i miei fantasmi siamo già troppi. Una cella davvero affollata.
\r \r Non c’è e non debbono esserci convenienze, una legge, in quanto tale, va sempre rispettata. Se accettassi di scontare la mia pena all’ergastolo in una cella doppia, sarei complice di chi l’art 22 c.p. l’ha voluto. E io non ho intenzione di violare una legge che per 23 anni ha fatto comodo a chi me l’ha imposta e che adesso, sempre per comodità, vorrebbe violarla.
\r \r Alfredo Sole
\r \r Carcere di Opera