domenica 13 novembre 2016

 
 
Siamo a Baccarecce, frazione di Pescorocchiano (RI). Questa rampa esiste ancora. Appena fidanzatomi con mia moglie dovevo inerpicarmici alle volte con pesanti bagagli.

Con la macchina si arrivava nel pianoro di sotto. Se andavi in autobus, dovevi scendere al girone per Pace che forse fu la Capitale della Baronia, ed ancor oggi questa altura del Cicolano si dice Baronia.

In effetti i baroni Antonini avevano dimora a Pace. I miei recenti studi storici mi stanno facendo scoprire che nel Medioevo i Longobardi del Duca di Spoleto qui e prima di qui e giù sino a Carsoli avevano dominio.

Baccarecce pare sia stato il posto di rifugio  quando il terremoto spaventò Macchiatimone ove il bel castello lo si lascia senza strada e in colpevole collabenza.

Quella rampa oggi è linda e le casette che vi si affacciano sono rimesse a nuovo quasi con opulenza. Ma quando qui l'agricoltura era coltivata come ab antiquo asini mucche e cavalli (questi, pochi) salivano e scendevano da qui. Ovattavano il sentiero con soffice sterco.

Così ebbe a irridermi il collega di Bankitalia Sasà Grossi quando seppe che mi fidanzavo con una Benedetti di Baccarecce. Già, mi disse, salirai su stradelle rivestite da eterno Corpus Domini, solo che invece che fiori vi è steso  altro con altro profumo.

Sarà stato per questo, sarà stato per civilizzazione dilagante, mio suocero che l'aria di magnate padrone ce l'aveva fece costruire una bretella asfaltata che porta su alla chiesetta solenne  e ariosa mentre  occhieggia con il maniero dei Benedetti che è  molto signorile ampio e dominante come oggi si spiega da sommi studiosi alla Lugini.  Un'ampia ala mi è  toccata o meglio fa parte dei beni parafernali di mia moglie.

Dalla terrazza mi godo spettacoli celestiali specie se il frontaiolo Velino si inneva e il sole battendovi al tramonto lo irradia per terre feraci per boschi austeri per castagneti imponenti. Purtroppo non sento più ragli di asino. Dite quel che volete ma mi rallegravano. Li sentivo davvero miei simili. Codardi ed orecchiuti aggiungeva con voce soave mia suocera ancor oggi la signora maestra Carmilia.  
Calogero Taverna

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