giovedì 29 giugno 2017

 

RACCOLGO L'ANALISI, CONTESTO LA STORIA, DEPLORO LE PROGNOSI.

Calogero Taverna

 

 

 

Popolare di Vicenza e Veneto Banca, vi racconto la peggior gestione di una crisi bancaria

Popolare di Vicenza e Veneto Banca, vi racconto la peggior gestione di una crisi bancaria
L'analisi di Angelo De Mattia

Vigilanza unica, Commissione Ue e Tesoro italiano sono stati capaci di segnare un record a proposito della Popolare Vicenza e di Veneto Banca: la peggiore gestione di una crisi bancaria dal secondo dopoguerra. Personalmente, ho potuto osservare le vicende bancarie per oltre mezzo secolo, di cui 40 anni trascorsi in Banca d’Italia: mai si era verificata una gestione così confusa, così indecisa, così incoerente con le premesse teoriche sbandierate, nella quale si sia potuto osservare un Tesoro così impotente di fronte alle acrobazie comunitarie sul concetto di aiuto di Stato. La gestione della crisi delle banche di Sindona e dell’Italcasse negli anni Settanta e, poi, quella dell’Ambrosiano negli anni Ottanta, per finire alla crisi del Banco di Napoli negli anni Novanta – quando la Banca d’Italia aveva gli esclusivi poteri di intervento – sono distanti anni-luce, per la rapidità e l’efficacia delle soluzioni, per le modalità e i contenuti rispetto a quella delle due banche venete. Si dirà che c’è di mezzo ora la nuova normativa europea.
Ma questa non potrebbe legittimare le contraddizioni, le irresolutezze, le inadeguatezze sotto il profilo tecnico che hanno caratterizzato questa vicenda. Anzi. Si era detto, a suo tempo, che con la nuova normativa (la Brrd) sarebbe cessato l’onere per i contribuenti nei casi di salvataggi bancari e, invece, il caso si conclude, per il momento, con un esborso del Tesoro a favore di Intesa quale supporto finanziario a fronte del fabbisogno di capitale generato dall’operazione per 3,5 miliardi, ai quali va aggiunto un importo di 1,2 miliardi a sostegno delle misure di ristrutturazione aziendale, sempre da parte di Intesa, nonché la concessione di una garanzia dello Stato per l’adempimento degli obblighi a carico delle banche in liquidazione e per gli impegni assunti nei confronti della banca acquirente. Si somma a ciò una garanzia pubblica concedibile fino all’importo complessivo di oltre 10 miliardi per il finanziamento che verrà concesso da Intesa al momento dell’avvio della liquidazione e a fronte degli obblighi di riacquisto dei crediti deteriorati. Nel complesso, si arriva a 17 miliardi. Per l’impegno, a fondamento della nuova disciplina, a non porre le crisi a carico dei cittadini che pagano le imposte non c’è male.
Si era opposto costantemente dalla Direzione Competition della Commissione Ue che non sarebbero state consentite violazioni del divieto di aiuti di Stato, interpretato nel modo onnicomprensivo in cui la direzione lo configura. Ebbene, abbiamo appreso che vi è aiuto di Stato se per la ricapitalizzazione precauzionale pubblica la somma a carico dello Tesoro non viene integrata, in questo caso, da 1,2 miliardi di apporto privato, mentre, quando lo Stato può arrivare a erogare, per titoli diversi, fino a 17 miliardi non vi è più – magicamente con un colpo di scena degno di Houdini – violazione di quel divieto perché, afferma la Commissaria Margrethe Vestager, non si possono creare perturbazioni economiche nel Veneto: ma perché prima, con la precauzionale, le si sarebbero provocate? E a questo proposito, come è possibile che la disponibilità di alcuni fondi internazionali a sottoscrivere, con diverse modalità tecniche, l’importo anzidetto sia stata lasciata cadere senza alcun riscontro formale da parte di Bruxelles, ma solo per le vie brevi? È una questione opaca che esige un chiarimento responsabile e urgente: diversamente, sarebbe quanto mai opportuno che il ministro dell’Economia fosse invitato a dare le necessarie spiegazioni in Parlamento dopo avere smentito tassativamente poco più di dieci giorni fa che era allo studio un piano per la liquidazione delle due banche. «Quali sarebbero state le alternative?», chiede Padoan. La prima era quella di insistere sulla ricapitalizzazione precauzionale anche senza l’apporto privato mettendo in conto l’eventuale procedura di infrazione – che sarebbe arrivata, se intrapresa, solo dopo diversi mesi – e la necessità di portare la Commissione davanti alla Corte di giustizia europea. Si sarebbe potuto, in alternativa, negoziare una riduzione dell’importo a carico dei privati e conseguire l’intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi, che già è impegnato in una controversia presso la Corte anzidetta a proposito della natura dei suoi interventi. Avrebbe potuto e dovuto essere esplorata l’ipotesi prospettata dai fondi sopra ricordata. Sono solo alcune delle possibilità per non accedere alla liquidazione. In ogni caso, non bisognava arrivare sul ciglio del burrone.
Indubbiamente, Intesa Sanpaolo ha fatto nel migliore dei modi i propri interessi e, dunque, la responsabilità di un giudizio negativo su quanto è accaduto non ricade su di lei, bensì sui soggetti richiamati all’inizio, ivi compresa la Vigilanza unica che da oltre due anni controlla le due banche: nessuno le chiede conto del suo operato?
La vicenda dovrebbe essere fortemente istruttiva per gli interventi da compiere senza ritardo sulla normativa europea, che ha dimostrato il suo completo fallimento, e sui soggetti comunitari chiamati a sostenerne l’applicazione. Se non ora, quando?

mercoledì 28 giugno 2017

Le doglianze di codesto gran 'rottamatore' son patetiche. Qui gladio ferit gladio perit; a forza di rottamare gli altri è finito lui stesso rottamato ; Il partito che ha usurpatro a sinistra l'ha ridicolizzato a destra, portandolo in braccio al novello giovin 'moderato' Berluisconi.

martedì 27 giugno 2017

Alla cortese attenzione della signora Avv. Sindaca


Vi racconto. Oggi stavo a Pescorocchiano (RI). Mi necessita fare fondi. Vado al Bancomat dell'unica banca esistente la Intesa San Paolo. Metto una carta, faccio gli adempimenti. Controllo positivo. Chiedo i soldi. Mi si licenzia negativamente affermando di non potere per ragioni tecniche. Penso ad una anomalia della mia carta, ne infilo un'altra di altra banca Idem cum patate. Mi rendo subito conto. San Paolo non eroga soldi con bancomat di altre banche. Ovvio: per difetto d liquidità data la vicenda delle banche venete. Ma che ci sta a fare a Pescorocchiano una banca torinese? C'era una provvida cassa di Risparmio: la CR RIETI. La CR Rieti chiusa dalla autorità di Vigilanza in modo deplorevole, La BI a Rieti ha chiuso la sua Filiale e con essa la Rappresentanza della CSR. A Pescorocchiano ora c'è la sola filiale di Intesa San Paolo che rastrella liquidità e monopolizza il cash flow del pingue Comune e poi manco accorda i prelievi Bancomat di banche diverse. Così Pescorocchiano aggiunge declino a decadenza economica. La novella Sindaca che mi pare vigile e solerte saprà cogliere questa mia doglianza e darsi da fare per il suo Comune onde dotarlo di uno sportello bancario diverso per il necessario supporto finanziario e creditizio? Avrà la . pazienza di accogliere il mio suggerimento tecnico ed operativo?
Calogero Taverna, via L. Rocci 00151 ROMA 
Vi racconto. Oggi stavo a Pescorocchiano (RI). Mi necessita fare fondi. Vado al Bankomat dell'unica banca esistente la Intesa San Paolo. Metto una carta, faccio gli adempimenti. Controllo positivo. Chiedo i soldi. Mi si licenzia negativamente affermando di non potere per ragioni tecniche. Penso ad una anomalia della mia carta, ne infilo un'altra di altra banca Idem cum patate. Mi rendo subito conto. San Paolo non eroga soldi con bankomat di altre balnche. Ovvio: per difetto d liquidità data la vicenda delle banche venete. Ma che ci sta a fare aPescorocchiano una banca torinese? C'era una provvida cassa di Riasparmo: la CR RIETI. La CR Rieti chiuisa dalla autorità di Vigilanza in modo deplorevole, La BI a Rieti ha chiuso la sua Filiale e con essa la Rappresentanza della CSR. A Pescorocchiano ora c'è la sola filiale di Intesa San Paolo che rastrella liquidità e monopoòozza il cash flaw del pingue Comune e poi manco accorda i preelivi Bankomat di banche diverse. Così Pescorocchiano aggiunge declino a decadenza economica. La novella Sindaca che mi pare vigile e solerte saprà cogliere questa mia doglianza e darsi da fare per il suo Comune onde dotarlo di uno sportello bancario diverso per il necessario supporto finanziario e creditizio? Avrà la . pazienza di accogliere il mio suggerimento tecnico ed operativo?

lunedì 26 giugno 2017

semplicemente perché non mi va di tradire la mia etica politica e sindacale. Del resto pago appena dieci euro al mese, Per me una bazzecola,

mercoledì 21 giugno 2017

Su, lira divina, parlami, fa' risuonare la tua voce...
* * *

Ma io amo la delicatezza ed Éros ha ottenuto per me la bellezza e la luce del sole.
* * *

Simile in tutto agli dèi mi appare l'uomo che ti siede dinanzi e ti ascolta così da vicino, mentre parli con lieve sussurro e ridi amabile: questa visione mi sconvolge il cuore in petto. Basta che ti getti uno sguardo e mi si spezza la voce, la lingua s'inceppa, subito un fuoco sottile corre sotto la pelle, gli occhi non vedono più, le orecchie rombano, un freddo sudore mi scorre, un tremore tutta mi afferra, sono più verde dell'erba, e poco manca che muoia...
* * *

L'animo mio di nuovo Éros squassa come il vento le querce sul monte, dolceamara implacabile fiera...
* * *
Chi un esercito di cavalieri, chi una schiera di fanti, chi una flotta di navi dirà che sia sopra la terra nera la cosa più bella. Io dico, ciò che si ama...
* * *

Non so dove volgermi: la mia mente si divide in due...
* * *

Ora risplendi tra le donne di Lidia come quando il sole scompare e la luna dalle dita di rosa vince tutte le stelle. La sua luce sfiora il mare salato e i campi screziati di fiori. Goccia la rugiada gentile, germogliano rose e teneri cerfogli e fiorisce il meliloto. Ti aggiri inquieta, ricordi, e il desiderio della dolce Attis ti consuma l'anima lieve...
* * *

Usignolo amabile voce messaggero di primavera...
* * *
Piena splendeva la luna e le fanciulle si posero intorno all'altare.
* * *

Avrei davvero voluto morire quando lei mi lasciò in affannoso pianto tra molte cose dicendomi ancora: "Come soffriamo atrocemente, Saffo, io ti lascio contro il mio volere." Ed io a lei rispondevo: "Va' serena e di me serba il ricordo. Sai quanto ti ho amata. Se mai tu lo dimenticassi, sempre io ricorderò i bei momenti che vivemmo. Quando di corone di viole e di rose e di croco, accanto a me ti cingevi il capo gentile, e mettevi intorno al collo ghirlande intrecciate di fiori. E cosparsa di essenze profumate sul morbido letto ti saziavi, né mai vi furono danze nei sacri boschi a cui fossimo assenti..."
* * *

Le stelle intorno alla stupenda luna nascondono i loro volti splendenti quand'essa s'inargenta in tutto il suo splendore illuminando la terra...
* * *

Che cosa brama ancora il tuo folle cuore? Chi devo, Saffo, ancora persuadere a darti ricompensa nell'amore? Chi ti fa soffire? Se adesso fugge, poi ti cercherà; se sdegna i tuoi doni, presto ne farà; se non ti ama, presto ti amerà, anche se non vuole...
* * *

Quando morta giacerai, mai più si ricorderanno di te, per sempre: più non vedrai le rose della Pieria, ma oscura ti aggirerai nelle case di Ade aleggiando tra i morti neri...
* * *
Sei giunta, ti desideravo, hai dato ristoro alla mia anima ardente...
* * *

Ma tu dèstati, avvìati con i tuoi giovani amici, perché possiamo vedere un sonno ancora più breve di quello di un uccello dal canto sonoro.
* * *

Tramontata è la luna e le Pleiadi, a metà del suo corso è la notte, il tempo passa e io dormo sola...
* * *

Signore, lo giuro sulla dea beata: non più voglio stare sulla terra, desiderio di morte mi prende, di vedere le sponde d'Acheronte fiorite di loto...
* * *
Di ghiaccio divenne il loro cuore e le ali si chiusero.

Lo storico questore racalmutese ERCOLE GIUSEPPE TANCREDI MESSANA

Lo storico questore racalmutese ERCOLE GIUSEPPE TANCREDI MESSANA

Lo stori


ETTORE GIUSEPPE TANCREDI MESSANA, capo della polizia siciliana

Parte seconda

ETTORE GIUSEPPE TANCREDI MESSANA

...

Nacque dunque nel 1884 in questo lembo di terra che ha nome Racalmuto; piccolo lembo di paradiso per Gesualdo Bufalino. e tale di certo lo è nella landa sciasciana della Noce e nei declivi dei suoi dintorni, ma non direi a Nord-Ovest. Qui, ove deflussi torrenziali d'acqua invernale e secche sterpaglie d'estate, hanno forgiato aspra e disperata terra. Già i romani la disboscarono per fare legname per la loro flotta conquistatrice e terreni frugiferi per sfamare le loro orde di clientes sfaccendati. Cicerone, nelle Verrine:

(LA) « [Sicilia] prima docuit maiores nostros quam praeclarum esset exteris gentibus imperare […] »

(IT) « [La Sicilia] fu la prima a dimostrare ai nostri antenati quale nobile compito fosse dominare su popoli stranieri.

Poi calcheroni primitivi e quindi forni GILL fumigarono zolfo inaridendo del tutto quei paurosi spioventi argillosi.

E qui dai primi dell' Ottocento la famiglia del questore Messana trasse lucri e spinte nobiliari. Il loro antenato, di recente emigrazione, mastro Luigi MISSANA la scalata sociale l'aveva potuta consolidare con dilatazioni della tassa sul macinato, di cui fu a lungo esattore.

La famiglia Messana allargatasi nell'Ottocento cominciò, però, a avere colpi negativi quanto a sostanze patrimoniali: troppi figli mise al mondo il farmacista don Luigi Messana. Spartire un patrimonio anche consistente porta a riflussi se non di immiserimento di certo ad angosce economiche che si pensavano avere del tutto fugate.

Da un ramo, non molto felice, ecco il padre di Ettore Giuseppe Tancredi Messana, don Clemente i cui due fratelli, don Adriano e don Emilio non furono di sicuro più abili di don Clemente quanto a faccende economiche.

I tre fratelli procrearono comunque tre grossi personaggi racalmutesi: don Luigino Messana, il don Ferdinando Trupia di Leonardo Sciascia, personaggio estroso a forti tinte di cui tanti ricordiamo fatti spavaldi e gioiose avventure; donna Elettra Messana, bella colta e fascistissima, una sorta di Elettra euripidea, ritrosa a sposarsi per l'onta subita dalla madre che ebbe a fuggirsene con il suo promesso sposo, e il nostro grande personaggio, colui che seppe dare rigore e plausibilità all'etica sociale e all'ordine di una Italia barcollante tra l'ignominiosa vittoria del 1918 e il consolidarsi democristiano con l'arcigno De Gasperi. Parlo ovviamente del gra.uff. comm. di San Maurizio e San Lazzaro, il dottore ETTORE GIUSEPPE TANCREDI MESSANA.

Dieci anni dopo nasceva a don Clemente, l'altro figlio maschio, EDOARDO TANCREDI FRANCESCO che non visse a lungo. E nel 1895 venne alla luce ELENA SANTA LUCIA, poi frivola e dispettosa zitella, per qualche tempo a Roma in conflitto con donna Giovanna Messana, l'unica nipote diretta del questore Messana.

L'atto di battesimo di donna Elena Messana mostra qualche curiosità: la bambina era nata il primo dicembre ma venne battezzata a Racalmuto l'antivigilia di Natale. Ciò fa pensare che don Clemente in quel fine secolo si fosse già trasferito a Palermo. Al paesello natio vi torna per le feste natalizie, in tempo per il lieto atto di battesimo tra le luminarie della Matrice, celebrante il noto sacerdote Macaluso.

Dobbiamo anche dedurne che sino al suo primo decennio di vita il futuro questore sia vissuto tra le nebbie racalmutesi, nella sua casa di S. Anna umida anche per le acque piovane sotterrate dai Matrona nella discesa dell'Ospedale dei padri Fate Bene Fratelli.

Ma già nel 1995 dimora in quel di Palermo. Si affranca dunque dall'aria paesana e inizia i suoi studi superiori in un ambiente anche civettuolo quale quello della Capitale di Sicilia. Qui frequenta l'università e si laurea in giurisprudenza. Attorno al 1912 spesa donna Margherita Schiavo di S. Giuseppe Jato. e nel 1914 gli nasce Ugo, l'unico figlio che il questore ebbe nel legittimo talamo coniugale. Da Ugo la nostra donna Giovanna MESSANA vivace bella e affascinante. Indomabile.


Se dovessimo seguire la lezione mocrostorica di Eugenio Napoleone Messana, il nostro futurro questore storico, tra l'inizio della grende guerra e l'autunno del 1919, sarebbe ritornato nel suo borgo natio a svolgervi la professione di avvovato; ma pare senza troppa fortuna. Nell'autunno del 1919 lo troviamo già a Musomeli quale Vice Commissario di Polizia.

Ora debbo precisare che non era più giovanissimo; aveva 35 anni, un figlio a carico e per moglie una gran donna della provincia di Palermo, di San Giuseppe Jato, appartenente alla rispettabile famiglia degli Schiavo.

co questore racalmutese ERCOLE GIUSEPPE TANCREDI MESSANA
Matteo Renzi
1 h
In queste ore mentre tanti esponenti del Palazzo inseguono chiacchiericci e polemiche sta accadendo una cosa semplice e giusta. Migliaia di connazionali, miglia...ia!, stanno facendo domanda per l'Anticipo Pensionistico. Stiamo parlando della c.d. APE, che abbiamo presentato lo scorso autunno ricevendo fischi, critiche e polemiche. E che però sta funzionando alla grande.
Ci dicevano: l'ennesimo spot renziano. Ma non è uno spot: sono migliaia di persone che negli anni scorsi sono stati colpiti da regole molto dure e che adesso finalmente possono andare in pensione.
Chi vive di populismo va in TV a insultare la Fornero.
Chi crede nella politica trova soluzioni come l'APE.
Preferisco sbagliare cercando di cambiare le cose che pensare di avere ragione urlando e sbraitando dentro gli studi televisivi. Diamo tempo al tempo e la verità prima o poi emerge. Non era uno spot, l'APE. Ma un modo per cambiare la vita a qualche migliaio di italiani. Era una promessa, ora è realtà.
Avanti, insieme.

Altro...
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Lillo Taverna Se starnazza lui in TV, oh Dio, che meraviglia! Gli altri che alla fin fine ci dicono che non si governa con le pitoccherie, ma risolvendo ad esempio la crisi di liquidità del sistma come vorrebbe D'Alema (vedi Etruria), qualcuno prova sempre a rottamarli. Solo che adesso, a forza di rottamare il notro rottamatore è rimasto lui rottamato e non sa farsene una ragione. Calogero Taverna

martedì 20 giugno 2017

-0:01
Pubblicato da W IL M5S
Visualizzazioni: 19.405
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W IL M5S
14 h
++ SE VUOI LE DIMISSIONI DEL VERGOGNOSO MARIO MONTI DA SENATORE A VITA, L'UOMO CHE HA SVENDUTO L'ITALIA E CI HA PORTATO LA TROIKA IN CASA, CONDIVIDIAMO A TUTTO SPIANO!!
BASTA SERVI DELLA FINANZA E MAI DEL POPOLO
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Lillo Taverna Lillo Taverna Io comincerò a credere a questi moralisti parlamentari quando chiederanno ed otterrano l'abolizione integrale dell'ASIS. Simpatico cchiedere il dimezzamento dell'appannaggio pubblico e poi, se si è astuti ... e chi in Italia in questo non è astuto! - si possono arraffare centinaia di migliaia di euro annui per rimborsi pantagruelici sanitari. Basta essere stato pparlamentare anche un solo giorno e quindi beneficiarne per tutta la vita lui e i suoi steìretti congiunti. Vogliamo essere seri. Perché sviare dai veri problemi nazionali per giochi elettoralistici di basso consumo? Calogero Taverna

L'immagine può contenere: sMS

lunedì 19 giugno 2017

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  • MARCO TRAVAGLIO POCO FA HA SPUTTANATO RENZI E LA BOSCHI IN MANIERA COLOSSALE! CONDIVIDETE

    Frode per oltre un 1.700mila euro scoperta a Lipari dalla Finanza nell'ambito dei finanziamenti nel settore dell'allevamento ittico
    ilsitodisicilia.it



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    Lillo Taverna ci credo poco. I verbale della CAINA li conosco da gran tempo. Li ho combattuto. Aspettiamo che lo Stato riesca a raggranellare qualcuno di codesti tanti euri. Allora giudicheremo. Calogero Taverna
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    Maria Pia Calapà La notizia è stata riportata anche da Rai 3 Sicilia!
    Rimuovi
    Maria Pia Calapà FRODE MILIONA5RIA SULLA PESCA!
    Rimuovi
    Lillo Taverna e pescando, secondo te, si possono frodare allo Stato 1,7 milioni di euro, Come dire 34 miliardi di vecchie lire, vero se si guadagnano almeno oltre cento miliardi di vecchie lire. Ma tu ci credi? Io no!
    Circolo del MUTUO SOCCORSO di Racalmuto
    Perché richiamo questo link socialcuturale sulla FRATELLANZA di Favara? per dire quekcosa di non stantio sull'attuole Circolo del Mutuo Soccorso di Racalmuto.
    Il simpatico Pippo con qualche venatura di atavica arroganza crede di suggellare la veridica vicenda storica di questo sodalizio - ove vi fu iscritto mio padre credo per oltre settant'anni - con una ventina di righe battute con una vecchia Olivetti 24; bisluccicano le macchioline di lettere ribattute a correzione su altre lettere. Come chiosa finale ecco apoditticamente la senile affermazione che quelle patetiche venti righe sarebero "la vera storia del 'MUTUO SOCCORSO' di Racalmuto."
    Più sapido fulminntee subdolo era stato Sciascia che nelle sue PARROCCHIE vorrebbe il circolo di mio padre nient'altro che una bisca:"i ricchi si trovano nel 'circolo del mutuo soccorso', una società operaia che è venuta trasformandosi, ora ci sono commercianti e industriali del sale ....i galantuomin giocano poco ... Nell'altro circolo invece, nel gioco della zecchinetta che ora i galantuomini disdegnano, corrono milioni."
    Note queste che m hanno sempre indispettito. In quest'altro circolo vi sto scritto da mezo secolo e giammai vi ho giocato. Ma il sodalizio ex operaio non bada al sottile e una foto gigante dello scrittore paesano vi domina accanto a San Giusppe con la sua eterna lampada elettrica accesa e l'immagine coreografica di Garibaldi che si crede davvero essere stato in quel tubolento scorcio del 6 Agosto 1873 presidente 'operaio' a Racalmuto.
    Noi ne abbiamo scritto su questo nostriìo affezionato circolo che da un secolo non ha nulla di assistenziale e che ebbe a cambiare veste e strati sociali in questo dpoguerra dopo l'infelice costrizione fascista allorchè dovette passare per le forche claudine del dopolavoro in camicia nera.
    Non vogliamo, però, qui gigionare oltre a notra gloria letteraria. Ci è capitato in questi giorni di incombenze rievocative del Mutuo Soccorso di reimbatterci con la folta prosa di Eugenio Napoleone Messana. Con nostro scorno ci siamo accorti - tardivamente - che Genio è davvro pregevole nel rievocarne la cronaca.
    Ve l'ammassiamo in masterizzazione qui sotto esspimendo il nostro sorpreso plauso.
    Il Circolo all'origine fu invero più un luogo di rissa tra i due ceppi egemoni di Racalmuto, nessuno pregevole, e mi riferisco ai Matrona contrapposti ai Tulumello. Ma come puntigliosaente andava annotando il Delegato di P.S. Macaluso faceva da sponda alla "maffia" di Grotte che molto aveva d simile con la FRATELLANZA di Favara. Sfruttamento invero usuraio dei dissennati che scialacquavano i pochi risparmi familiari alla ricerca del nuovo oro giallo, qugli scisti solfiferi sotterra che più o meno sparsi si rinvevano in tutta la plaga a tramontana del paese.
    Di tanto mi riservo trattare in altre occasioni.
    Calogero Taverna
    Fratellanza di Favara
    Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
    Vai a: navigazione, ricerca
    La Fratellanza di Favara era una cosca mafiosa operante a Favara, in provincia di Agrigento, e nelle zone limitrofe, che si pensa abbia operato fino al 1883.
    Indice
    [nascondi]
    •1 Storia
    •2 L'attenzione della stampa
    •3 Note
    •4 Voci correlate
    Storia[modifica | modifica wikitesto]
    Nel 1883, grazie all'opera del funzionario di polizia Ermanno Sangiorgi, vennero arrestate più di 200 persone nella zona di Favara per alcuni efferati omicidi compiuti da una misteriosa "setta" chiamata la "Fratellanza". Uno dei capi della "Fratellanza" venne arrestato nell'atto di affiliare due "fratelli" incappucciati e gli fu trovata una copia dei regolamenti dell'associazione. Ne seguì il ritrovamento di decine di scheletri di vittime della "Fratellanza" nascosti in luoghi isolati come grotte, pozzi prosciugati, zolfare dismesse e altre confessioni di alcuni affiliati consentirono il recupero di ulteriori varianti al regolamento della setta, nonché al suo organigramma[1]: uno o più capi-testa comandavano più capidecina, ognuno dei quali aveva sotto di sé non più di dieci affiliati; il rituale di iniziazione avveniva pungendo l'indice dei nuovi membri per poi tingere con il sangue un'immagine sacra, che veniva bruciata mentre l'iniziato recitava una formula di giuramento[2]: tale cerimonia di affiliazione era tipica delle cosche di Palermo, a cui numerosi membri della "Fratellanza" erano stati affiliati nel 1879, durante la prigionia con mafiosi palermitani nel carcere di Ustica[3].
    L'attenzione della stampa[modifica | modifica wikitesto]
    "Il Secolo", giornale di Milano, il 30 aprile 1883 parlava "della più alta espressione di criminalità organizzata", riferendosi appunto alla Fratellanza. Nel 1885 gli affiliati finirono tutti sotto processo ad Agrigento, ma molti negarono le loro confessioni, sostenendo che avevano confessato sotto tortura, ma alla fine furono tutti condannati ed incarcerati

     

     
     
     
     
     





     
     
     
     
     


     
    Abbiamo colto in Eugenio Napoleone Messana un simpatica chicca sul Circolo: se ne illustra un interessante risvolto sociale e politico di fine Ottocento, il turbinoso secolo racalmutese.





     
    Circolo del MUTUO SOCCORSO di Racalmuto
    Perché richiamo questo link socialcuturale sulla FRATELLANZA di Favara? per dire quekcosa di non stantio sull'attuole Circolo del Mutuo Soccorso di Racalmuto.
    Il simpatico Pippo con qualche venatura di atavica arroganza crede di suggellare la veridica vicenda storica di questo sodalizio - ove vi fu iscritto mio padre credo per oltre settant'anni - con una ventina di righe battute con una vecchia Olivetti 24; bisluccicano le macchioline di lettere ribattute a correzione su altre lettere. Come chiosa finale ecco apoditticamente la senile affermazione che quelle patetiche venti righe sarebero "la vera storia del 'MUTUO SOCCORSO' di Racalmuto."
    Più sapido fulminntee subdolo era stato Sciascia che nelle sue PARROCCHIE vorrebbe il circolo di mio padre nient'altro che una bisca:"i ricchi si trovano nel 'circolo del mutuo soccorso', una società operaia che è venuta trasformandosi, ora ci sono commercianti e industriali del sale ....i galantuomin giocano poco ... Nell'altro circolo invece, nel gioco della zecchinetta che ora i galantuomini disdegnano, corrono milioni."
    Note queste che m hanno sempre indispettito. In quest'altro circolo vi sto scritto da mezo secolo e giammai vi ho giocato. Ma il sodalizio ex operaio non bada al sottile e una foto gigante dello scrittore paesano vi domina accanto a San Giusppe con la sua eterna lampada elettrica accesa e l'immagine coreografica di Garibaldi che si crede davvero essere stato in quel tubolento scorcio del 6 Agosto 1873 presidente 'operaio' a Racalmuto.
    Noi ne abbiamo scritto su questo nostriìo affezionato circolo che da un secolo non ha nulla di assistenziale e che ebbe a cambiare veste e strati sociali in questo dpoguerra dopo l'infelice costrizione fascista allorchè dovette passare per le forche claudine del dopolavoro in camicia nera.
    Non vogliamo, però, qui gigionare oltre a notra gloria letteraria. Ci è capitato in questi giorni di incombenze rievocative del Mutuo Soccorso di reimbatterci con la folta prosa di Eugenio Napoleone Messana. Con nostro scorno ci siamo accorti - tardivamente - che Genio è davvro pregevole nel rievocarne la cronaca.
    Ve l'ammassiamo in masterizzazione qui sotto esspimendo il nostro sorpreso plauso.
    Il Circolo all'origine fu invero più un luogo di rissa tra i due ceppi egemoni di Racalmuto, nessuno pregevole, e mi riferisco ai Matrona contrapposti ai Tulumello. Ma come puntigliosaente andava annotando il Delegato di P.S. Macaluso faceva da sponda alla "maffia" di Grotte che molto aveva d simile con la FRATELLANZA di Favara. Sfruttamento invero usuraio dei dissennati che scialacquavano i pochi risparmi familiari alla ricerca del nuovo oro giallo, qugli scisti solfiferi sotterra che più o meno sparsi si rinvevano in tutta la plaga a tramontana del paese.
    Di tanto mi riservo trattare in altre occasioni.
    Calogero Taverna
    Fratellanza di Favara
    Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
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    La Fratellanza di Favara era una cosca mafiosa operante a Favara, in provincia di Agrigento, e nelle zone limitrofe, che si pensa abbia operato fino al 1883.
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    •1 Storia
    •2 L'attenzione della stampa
    •3 Note
    •4 Voci correlate
    Storia[modifica | modifica wikitesto]
    Nel 1883, grazie all'opera del funzionario di polizia Ermanno Sangiorgi, vennero arrestate più di 200 persone nella zona di Favara per alcuni efferati omicidi compiuti da una misteriosa "setta" chiamata la "Fratellanza". Uno dei capi della "Fratellanza" venne arrestato nell'atto di affiliare due "fratelli" incappucciati e gli fu trovata una copia dei regolamenti dell'associazione. Ne seguì il ritrovamento di decine di scheletri di vittime della "Fratellanza" nascosti in luoghi isolati come grotte, pozzi prosciugati, zolfare dismesse e altre confessioni di alcuni affiliati consentirono il recupero di ulteriori varianti al regolamento della setta, nonché al suo organigramma[1]: uno o più capi-testa comandavano più capidecina, ognuno dei quali aveva sotto di sé non più di dieci affiliati; il rituale di iniziazione avveniva pungendo l'indice dei nuovi membri per poi tingere con il sangue un'immagine sacra, che veniva bruciata mentre l'iniziato recitava una formula di giuramento[2]: tale cerimonia di affiliazione era tipica delle cosche di Palermo, a cui numerosi membri della "Fratellanza" erano stati affiliati nel 1879, durante la prigionia con mafiosi palermitani nel carcere di Ustica[3].
    L'attenzione della stampa[modifica | modifica wikitesto]
    "Il Secolo", giornale di Milano, il 30 aprile 1883 parlava "della più alta espressione di criminalità organizzata", riferendosi appunto alla Fratellanza. Nel 1885 gli affiliati finirono tutti sotto processo ad Agrigento, ma molti negarono le loro confessioni, sostenendo che avevano confessato sotto tortura, ma alla fine furono tutti condannati ed incarcerati