mercoledì 11 aprile 2018

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Adesso
Dovrà finire così con i reperti del Calderone? Riusciremo a convincere i BB.CC. che è meglio custodirli in Antiquaria già disponibili quali sono gli ultra idonei locali della Fondazione? Non mi si venga a dire che tutti i fondi spesi per la Centrale, quelli (120/milioni) erogati per la gestione (a quanto pare consistente solo in un lauto stipendio ad un Vice-bibliotecario straniero il cui unico merito non vorremmo che fosse la sua agnazione magistratuale), devono servire solo al mesto cerimoniale di una cattedrale nel deserto, un silente mausoleo al più grande figlio di Racalmuto.
Grande è il valore scientifico dei reperti del Calderone:
Noi non ce ne intendiamo, ma che a S. Bartolomeo-Garamoli vi siano 4 pestelli della cultura Pantalica Nord significa che siamo attorno al tardo XIII-IX secolo, in epoca quindi di comprovata presenza micenea. Cade la mia ipotesi che i sicani dopo il XIII secolo si potessero essere ritirati nelle montagne interne per paura delle genti di mare: resta invece comprovata la mia tesi alternativa e cioè che le caratteristiche tombe a tholos, pur esistenti, fossero state manomesse fino a renderle irriconoscibili. Invero sappiamo che talune di codeste tombe esistenti nei dintorni sono state fagocitate, come insinuato in esordio. Se il Calderone dovesse avere ragione circa l’appartenenza della rinvenuta amgdaloide alla cultura campignana, allora bisogna retrodatare all’epoca neolitica la presenza umana organizzata nella zona più esposta del nostro paese. Il peso da telaio greco si aggiunge alle tante monete, ai tanti pegasi, (ai cavalli alati superdotati per intendersi dell’avv. Burruano) che tutti sappiamo molto presenti nelle finitime zone dei nobili, non toccate incomprensibilmente da vincoli archeologici.
Ma è alla Grotta di Fra Ddecu che troviamo di più e di meglio: vi sono reperti in ossidiana. Questo è di grande rilevanza archeologica; l’ossidiana – che giustamente il Calderone reputa di proveniente da Pantelleria e non dalla solita Lipari, comprova un assetto civile e commerciale dei nostri primitivissimi antenati davvero ragguardevole. Materia di studio dunque da rendere l’auspicato Antiquarium alla Fondazione una palestra di studio, un centro d’alta cultura, una grande possibilità di lavoro specializzato per i tantissimi laureati e diplomati racalmutesi che stanno a passeggiare (ciò evidentemente se per non essere “campanilisti” i nostri amministratori non pensino di assumere ‘stranieri’ magari di Enna). I falli fittili poi - diciamo sconciamente - attestano il culto della virilità che a Racalmuto è stato sempre imperante, senza obnubilamenti pervertiti.

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