MIO NONNO, spappolato da una granata austriaca in quel diu Hudi Lag, in Slovenia, il 25 maggio 1917. Per Racalmuto, per i sindaci e podestà che si sono succeduti in questo secolo a Racalmuto, mio nonno resta un insignificante villano da rubricare come 'disperso', senza avello senza neppure un nome da incidere in una anodina lapide a Piazza Castello.
giovedì 31 agosto 2017
martedì 29 agosto 2017
Mi dicono che nella sua decadente maturità insegnando all'Accademia per sopravvivere bevesse e forte; mi dicono che Sciascia non lo apprezzava; mi dicono che Camilleri aveva sui cabasissi Sciascia; mi dicono che da tempo i suoi negretti gli scrivono romanzi su romanzi he lui non si azzarda neppure di leggere; non mi dicono ma so che nel suo IL RE DI GIRGENTI le patacche storiche sono talmente grossolane da non dar senso al suo letterario parto; mi dicono che da giovane ebbe a scrivere versi molto letterari: è vero è falso? cosa è vero cosa è falso? I suoi corifei mi volevano linciare.
lunedì 28 agosto 2017
Caos centrosinistra in Sicilia, Geloni: "Pisapia chiarisca. Il gioco di Renzi su Orlando"
autore / Americo Mascarucci
Le elezioni regionali in Sicilia stanno creando seri problemi ai vari schieramenti politici. Nel centrosinistra siamo all'uno contro tutti. Il governatore uscente Rosario Crocetta intende ricandidarsi contro il Partito Democratico che ha scelto di cambiare cavallo: Leoluca Orlando sindaco di Palermo ha candidato Fabrizio Micari rilanciando l'asse Pd- Ap di Alfano ma la sinistra non ci sta e lo accusa di aver riciclato i vecchi uomini ci Totò Cuffaro. Ma anche la sinistra è spaccata. Articolo 1- Mdp schiera Claudio Fava che però non è sostenuto da Giuliano Pisapia pronto a convergere su Micari. Nel centrodestra intanto ancora non è sciolto il nodo Musumeci che continua a trovare sul suo percorso l'ostacolo rappresentato da Gianfranco Micciché di Forza Italia. Unica certezza la candidatura di Giancarlo Cancellieri per il M5S. Ma è soprattutto il campo del centrosinistra a risentire delle lacerazioni maggiori che potrebbero comportare anche conseguenze a livello nazionale in vista delle prossime elezioni politiche. Intelligonews ne ha parlato con la giornalista Chiara Geloni direttrice del sisto web di Articolo 1- Mdp.
Che succede in Sicilia: il centrosinistra è sull'orlo di una crisi di nervi?
"Ci sono dei problemi politici legati alla proposta da fare alla Sicilia, ma non parlerei di caos. Mi pare che in questa fase i problemi li abbia tanto il centrosinistra che il centrodestra. Entrambi stanno avendo difficoltà ad avanzare una proposta unitaria. Il centrodestra pare stia arrivando ad una soluzione, al centrosinistra evidentemente serve altro tempo per riflettere e decidere".
Il Pd ha un governatore uscente che è Crocetta pronto a ricandidarsi appellandosi allo statuto del partito che riconoscerebbe il diritto al secondo mandato. Il Pd però guarda oltre dando per scontata la sua uscita di scena. Siamo in presenza di uno strappo alle regole?
"La regola numero uno sarebbe quella che dice Crocetta, ossia ricandidare il governatore uscente. Nel momento in cui ciò non avviene il Pd apre di fatto un problema politico e indebolisce la propria proposta. Se il giudizio su chi ha governato è negativo, indubbiamente questo giudizio non può che coinvolgere l'intera coalizione: se invece il giudizio è positivo la gente giustamente si chiederà perché cambiare. Poi certo ogni regola generale può avere delle controindicazioni a livello territoriale. Evidentemente la valuatazione che si fa in Sicilia dell'esperienza di Crocetta è di non riproporla e questo inevitabilmente avrà un prezzo politico ed elettorale inevitabile. Anche perché se l'intenzione del Pd è quella di sostituirlo, dovrebbe quanto meno fare in modo di inserire anche Crocetta nella costruzione di un nuovo progetto politico e di governo della Sicilia. Ma il Pd è specializzato nel non saperlo fare, basti vedere i precedenti di Ignazio Marino e di Enrico Letta. Ogni volta che si è tentata una legittima sostituzione si è finiti per lasciare sangue sul campo".
Crocetta, ma anche Corradino Mineo a sinistra, accusano Leoluca Orlando di voler imporre la propria volontà rischiando di minare l'unità della coalizione privilegiando il rapporto con Alfano. E' davvero lui il responsabile della frattura?
"Orlando sta ragionando in termini siciliani, formulando una proposta che possa avere una massa critica sufficiente. Lui parla di proposta civica, nelle sue intenzioni ritengo lo sia, ma a livello nazionale questa proposta è diventata uno strumento politico in mano a Renzi che ha presentato il Pd a questo tavolo in alleanza con Alfano; alleanza che in realtà riguarda il piano nazionale e un accordo più vasto sulla legge elettorale e sulle prossime elezioni politiche".
Mdp schiera in campo Claudio Fava, ma Pisapia dice no e strizza l'occhio al Pd. Avrà ripercussioni questa decsione a livello nazionale nella costruzione del cantiere della sinistra alle politiche?
"Credo che Pisapia a questo punto debba dare un giudizio politico chiaro su questa operazione siciliana. La gente si attende chiarezza da parte sua non da Mdp. Articolo 1 la sua proposta ce l'ha ed è quella di Claudio Fava, un nome autorevole e con un passato di assoluto rispetto".
Ma quanto il voto in Sicilia potrà poi avere ripercussioni sulle alleanze in campo nazionale?
"Il voto siciliano è sicuramente importante, ma sono ancora più importanti i segnali che l'elettorato di centrosinistra sta lanciando da mesi, prima con il referendum del 4 dicembre 2016 poi con le amministrative di giugno. Gli elettori stanno chiedendo al centrosinistra di cambiare strada e una netta discontinuità rispetto allo stile e alle proposte degli ultimi anni. Purtroppo analizzando queste fasi preliminari delle elezioni siciliane non sembra che questi segnali siano stati compresi da chi di dovere".
Dal Pd?
"Il Pd sta perdendo sistematicamente tutti gli appuntamenti elettorali. Mi pare evidente che i maggiori problemi con gli elettori li abbia proprio il Pd. Ad altri è più difficile rimproverare qualcosa".
Intanto il M5S si sta giocando il tutto e per tutto in Sicilia? In caso di vittoria avrebbe la strada spianata per il Governo come ritengono Grillo e Casaleggio?
"Non vivo le elezioni siciliane come una specie di sfida all'O.K Corral. Il M5S al momento è più pronto di altri ai nastri di partenza. Loro il candidato lo hanno già e sono in piena campagna elettorale. Questo indubbiamente per loro è un vantaggio. Ma hanno anche molte contraddizioni che stanno emergendo al loro interno, vedi l'immigrazione e i problemi del governo nella Capitale. Contraddizioni di cui, volenti o nolenti, dovranno rendere conto"
Che succede in Sicilia: il centrosinistra è sull'orlo di una crisi di nervi?
"Ci sono dei problemi politici legati alla proposta da fare alla Sicilia, ma non parlerei di caos. Mi pare che in questa fase i problemi li abbia tanto il centrosinistra che il centrodestra. Entrambi stanno avendo difficoltà ad avanzare una proposta unitaria. Il centrodestra pare stia arrivando ad una soluzione, al centrosinistra evidentemente serve altro tempo per riflettere e decidere".
Il Pd ha un governatore uscente che è Crocetta pronto a ricandidarsi appellandosi allo statuto del partito che riconoscerebbe il diritto al secondo mandato. Il Pd però guarda oltre dando per scontata la sua uscita di scena. Siamo in presenza di uno strappo alle regole?
"La regola numero uno sarebbe quella che dice Crocetta, ossia ricandidare il governatore uscente. Nel momento in cui ciò non avviene il Pd apre di fatto un problema politico e indebolisce la propria proposta. Se il giudizio su chi ha governato è negativo, indubbiamente questo giudizio non può che coinvolgere l'intera coalizione: se invece il giudizio è positivo la gente giustamente si chiederà perché cambiare. Poi certo ogni regola generale può avere delle controindicazioni a livello territoriale. Evidentemente la valuatazione che si fa in Sicilia dell'esperienza di Crocetta è di non riproporla e questo inevitabilmente avrà un prezzo politico ed elettorale inevitabile. Anche perché se l'intenzione del Pd è quella di sostituirlo, dovrebbe quanto meno fare in modo di inserire anche Crocetta nella costruzione di un nuovo progetto politico e di governo della Sicilia. Ma il Pd è specializzato nel non saperlo fare, basti vedere i precedenti di Ignazio Marino e di Enrico Letta. Ogni volta che si è tentata una legittima sostituzione si è finiti per lasciare sangue sul campo".
Crocetta, ma anche Corradino Mineo a sinistra, accusano Leoluca Orlando di voler imporre la propria volontà rischiando di minare l'unità della coalizione privilegiando il rapporto con Alfano. E' davvero lui il responsabile della frattura?
"Orlando sta ragionando in termini siciliani, formulando una proposta che possa avere una massa critica sufficiente. Lui parla di proposta civica, nelle sue intenzioni ritengo lo sia, ma a livello nazionale questa proposta è diventata uno strumento politico in mano a Renzi che ha presentato il Pd a questo tavolo in alleanza con Alfano; alleanza che in realtà riguarda il piano nazionale e un accordo più vasto sulla legge elettorale e sulle prossime elezioni politiche".
Mdp schiera in campo Claudio Fava, ma Pisapia dice no e strizza l'occhio al Pd. Avrà ripercussioni questa decsione a livello nazionale nella costruzione del cantiere della sinistra alle politiche?
"Credo che Pisapia a questo punto debba dare un giudizio politico chiaro su questa operazione siciliana. La gente si attende chiarezza da parte sua non da Mdp. Articolo 1 la sua proposta ce l'ha ed è quella di Claudio Fava, un nome autorevole e con un passato di assoluto rispetto".
Ma quanto il voto in Sicilia potrà poi avere ripercussioni sulle alleanze in campo nazionale?
"Il voto siciliano è sicuramente importante, ma sono ancora più importanti i segnali che l'elettorato di centrosinistra sta lanciando da mesi, prima con il referendum del 4 dicembre 2016 poi con le amministrative di giugno. Gli elettori stanno chiedendo al centrosinistra di cambiare strada e una netta discontinuità rispetto allo stile e alle proposte degli ultimi anni. Purtroppo analizzando queste fasi preliminari delle elezioni siciliane non sembra che questi segnali siano stati compresi da chi di dovere".
Dal Pd?
"Il Pd sta perdendo sistematicamente tutti gli appuntamenti elettorali. Mi pare evidente che i maggiori problemi con gli elettori li abbia proprio il Pd. Ad altri è più difficile rimproverare qualcosa".
Intanto il M5S si sta giocando il tutto e per tutto in Sicilia? In caso di vittoria avrebbe la strada spianata per il Governo come ritengono Grillo e Casaleggio?
"Non vivo le elezioni siciliane come una specie di sfida all'O.K Corral. Il M5S al momento è più pronto di altri ai nastri di partenza. Loro il candidato lo hanno già e sono in piena campagna elettorale. Questo indubbiamente per loro è un vantaggio. Ma hanno anche molte contraddizioni che stanno emergendo al loro interno, vedi l'immigrazione e i problemi del governo nella Capitale. Contraddizioni di cui, volenti o nolenti, dovranno rendere conto"
quanto alla forestale di Racalmuto io devio e grido vendetta al cospetto di dio e dei santi per avere manipolato una tomba sicana di 8 mila anni fa per farne un sacello dedito all'estranea madonna di fatima. E l'incultura nel paese di Sciascia sa di imperdonabile blasfemìa. Ne ho scritto beffardamente. Il risultato? Nelle ultime elezioni comunali nessuna lista manco la scalcinata M5S mi hanno voluto. Non porto voti.
quanto alla forestale di Racalmuto io devio e grido vendetta al cospetto di dio e dei santi per avere manipolato una tomba sicana di 8 mila anni fa per farne un sacello dedito all'estranea madonna di fatima. E l'incultura nel paese di Sciascia sa di imperdonabile blasfemìa. Ne ho scritto beffardamente. Il risultato? Nelle ultime elezioni comunali nessuna lista manco la scalcinata M5S mi hanno voluto. Non porto voti.
domenica 27 agosto 2017
mercoledì 18 gennaio 2017
Il 12 maggio il questore Ettore Messana che continuava ad opporsi ai metodi dei militari e non accettava la subordinazione delle forze di polizia fu sostituito con il questore di Cuneo Domenico Ravelli[50] e il 27 maggio Robotti, approfittando dell'assenza di Grazioli che era a Roma per motivi di servizio, emise disposizioni che posero sotto il suo comando tutte le forze di polizia della Slovenia[51]. Grazioli si oppose, soprattutto per quanto riguardava la questura di Lubiana ma alla fine dovette cedere e il 31 maggio pose tutte le forze di polizia di sua competenza e la milizia confinaria a disposizione della XI armata[52]. Nel giugno 1942 le forze di polizia della Slovenia furono rinnovate e assunsero la denominazione di "Divisione Speciale di Polizia di Lubiana"[53].
mercoledì 23 agosto 2017
Lillo Taverna Mi auguro che non sia profetica, dato l'inarrestabile abusivismo pedevesuviano, Che dire poi di quello etneo? Rammento: erano gli anni '46-50: partivan da Racalmuto senza nulla; a Roma breve sosta nell'albergo del notorio Sole di Governo Vecchio e di notte, miracolosamnte, sorgevano abusivissime baracche nelle periferie romane, ora soffocanti elevati quartieri. Un piccolo tremore a Roma e che succede? Odio lo sfascismo di sinistra, il moralismo del perbenismo borghese di una certa umanità minore. E allora? semplicemente cinico, scetticamente cinico. Che grande filosofia quella dei cinici della Magna Grecia!
vinuta di la beddra Matri di lu Munti (secondo noi)
B
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|
gio 26/12/2013, 13:07
Te
Archivio
Chi laico come me e assolutamente non credente non è che sia molto impacciato da superstizioni e terrori infernali se disapore religioso. Eppure lo confesso, quando mi accingo a parlare di la Beddra Matri di lu Munti, un poco mi si addrizzanu li carni: Tutti quelli che ne hanno scritto o esaltato le memorie sono finiti piuttosto male: morti precoci e soprattutto fulminati dal male del secolo che si ha pudore dinominare, il cancro. Non sappiamo che fine ebbe a fare il nobilomo don Francesco Vinci di cui scrivo a pag . 139 del mio aureo ma negletto volume "RACALMUTO NEI MILLENNI". Non ne so molto; ho solo potuto appurare che fu seminarista in quel torno della metà del secolo dei Lumi, il '700. Ma non vi resistette a lungo. Credo che dopo si diede a bivaccare come galantuomo con qualche proprietà terriera in quel diRacalmuto. All'epoca il Circolo Unione non c'era. Chi avrebbe chiamato in causa questo falso nobile EUGENIO, sarebbe stato questo possidente settecentesco racalmutese. Ma lo dice Messana e noi per principio non crediamo al faceto Eugenio Napoleone della crestomantica schiatta dei MESSANA.
Ci va pertanto di rammentare che le nostre più datate ricerche hanno questo ordito. Non siamo grandi storici, ma amiamo molto la critica storica e nulla abbiamo voglia di affermare se prima non siamo riusciti ad inverare qualche attendibile fonte coeva.
Intanto trascriviamo:
"La rivolta a Racalmuto del 1454 di cui parla il Genuardi dovette essere cosa seria se da quel momento sino al 1519 i processi d’investitura tacciono.
Dalla ficcante indagine del Barberi sappiamo - e non c’è motivo di dubitarne - che a Federico successe Giovanni II del Carretto. Non sappiamo quando e come. Il Baronio, lo storico di famiglia del Carretto del 1630, ne sa ben poco: «Ioannes natus maior, cum familiam rebus praeclare gestis aeternitati commendasset. Herculem, ac Paulum habuit sibi, nec maioribus dissimilem suis. In unoquoque semper avitae nobilitatis fulgor eluxit.» Parole di circostanza per colmare evidenti carenze di notizie. Quali fossero quelle gesta che affidarono la famiglia alla memoria dei tempi futuri, non cidice e noi non ne abbiamo nessuna ... memoria.
Accontentiamoci del fatto che fosse il figlio maggiore [natus maior] e che avesse partorito il successore Ercole, il celebre falso conte della venuta della Madonna del Monte, e Paolo di cui gli archivi vescovili di Agrigento ci hanno tramandato qualche dato sulla sua litigiosità con i sindaci diRacalmuto ([1]).
Apprendiamo dalla valida ricerca del Sorge su Mussomeli ([2]) che «lu fegu di Rabiuni lu teni lo Mag.co Baruni diRegalmuto per anni ... vinduto per lo Mag.co Signuri Pietro lo Campo unzi trentacincho, uno vitellazzo, una quartara diburru, uno cantaro di formaggio.»
Quando sia avvenuta quella vendita non ci è noto; il rendiconto è del 1486 e come si è visto, non è neppure detto a quali precedenti anni si riferisse la vicenda di cui alla posta contabile. Da quel che si legge nel Sorge (op. cit. pag. 209 e segg.) potrebbe trattarsi degli anni attorno all’11 ottobre 1467 (data in cui “venne stipulato il contratto col quale il procuratore di Ventimiglia rivendette a Pietro del Campo la baronia di Mussomeli, col suo castello ...”). Le nostre successive indagini presso gli Archivi di Palermo (in particolare “Archivio Campofranco, Fatto delle cose notabili etc.” e “Conservatoria, Privilegia, confiscationes bonorum et investiturae, 1459 e 1489, foglio 536”, di cui in Sorge) non ci hanno sinora consentito di chiarire alcunché quanto ai del Carretto e specificatamente a chi si riferisse l’atto di vendita del feudo Rabiuni di Mussomeli. Azzardiamo il nome diFederico del Carretto. Sembra dunque appurato che dal 1459 al 1489 la famiglia del Carretto si sia bene ripresa dalla crisi del 1454 ed abbia avuto fondi sufficienti per acquistare il costoso feudo Rabiuni di Mussomeli e mantenerlo anche se notevolmente oneroso. Del resto, in quel tempo, Racalmuto dovette divenire un centro di abbienti: nello stesso “conto del segreto Bonfante del 1486” (di cui in Sorge pag. 386) si accenna al possesso feudale di un altro racalmutese. «Lu fegu di Santu Blasi - vi si annota - lu teni Mazzullo di Alongi di la terra di Regalmuto per anni 3 videlicet quinte Ind. 6 Ind. E 7 Ind. Et pri unzi quattordichi quolibet anno uno crastatu, uno cantaro di formaggio, et una quartara di burru quolibet anno da pagarsi la mitati a menzu Septembru et la mitati a la fera di Santu Juliano intentendosi quindici anni primi poi di Pasqua.» ([3])
Il Barberi, che l’inchiesta - piuttosto acidula contro i del Carretto - la fa a ridosso degli anni della baronia diGiovanni II, ha questi appunti critici:
«E morto il cennato Federico, gli successe Giovanni del Carretto, suo figlio, il quale, come appare dall’ufficio della regia cancelleria, non prese giammai l’investitura della detta terra.»
ERCOLE DEL CARRETTO
E subito dopo abbiamo Ercole del Carretto, quello che le saghe sulla venuta della Madonna del Monte chiamano “conte”. Il Barberi annota su di lui:
«Morto il detto Giovanni, gli successe Ercole del Carretto figlio legittimo e naturale e maggiore del detto Giovanni, del quale del pari non risulta investitura alcuna ed al presente si possiede quella terra per lo stesso Ercole del Carretto, con un reddito annuo superiore ad once 700.»
Il Baronio, come si è visto, quasi non lo cita: un accenno trasversale, come si fosse trattato di un riflesso sbiadito del gran fulgore che era stato il padre.
Il Barberi ebbe a conoscerlo giacché è proprio sotto Ercole del Carretto che visita Racalmuto come lascia intravedere il passaggio : al presente si possiede quella terra per lo stesso Ercole del Carretto, con un reddito annuo superiore ad once 700.
Settecento once di reddito - a meno che non trattisi diesagerazioni fiscali alla stregua delle mirabolanti cifre dei moderni accertamenti degli agenti tributari - sono un’enormità. Sia quel che sia, Racalmuto dunque in esordio del ‘500 - e proprio sotto Ercole del Carretto - ha un salto quantitativo, un sussulto verso il grande centro. Nostri precedenti studi ([4]) hanno messo in evidenza questo significativo passaggio demografico e sociale. Dal rivelo del 1505 (un paio d’anni dopo la venuta della Madonna) emerge una popolazione aggirabile sui 1600 abitanti: un secolo prima (nel 1404) erano poco più di 750. Certo, labaronia dei del Carretto non era stata molto felice e varie strozzature demografiche e sociali si erano verificate. Le abbiamo notate in quello studio, ma tutto sommato si poteva essere abbastanza soddisfatti.
La venuta della Madonna del Monte
Era persino sorto un clima messianico per cui era potuta allignare la saga della Madonna del Monte. Sciascia è caustico: «correva l’anno 1503, ed era signore di Regalpetra Ercole del Carretto ... C’è poi da dire che la statua è della scuola dei Gagini, e appare molto improbabile sia finita in Africa; ma di più di ogni altra è inquietante laconsiderazione sulla scelta della Madonna tra il Gioeni e il del Carretto, tra i castronovesi e i regalpetresi; inquietante come l’apparizione dell’immagine di Cristo su una parete al professor Pende, perché proprio al professore, perché al del Carretto, perché tra i regalpetresi la Madonna ha voluto fermarsi, la popolazione di Castronovo essendo in egual misura fatta di uomini onesti e di delinquenti, di intelligenti e di imbecilli.» ([5]) Ma è proprio lui che poi negli Amici della Noce se la prende con l’incolpevole padre Morreale, reo a suoi occhi di avere cercato un po’ di luce (storica) su questa saga cui tutti i racalmutesi siamo legati.
Ma neppure, a ben vedere, riusciamo a concordare del tutto con il valente padre gesuita sui motivi che avrebbero spinto gli odiati Requisenz ad inventarsi la leggenda della Madonna del Monte «per fare apparire i Conti del passato, ma intenzionalmente quelli del presente, quali grandi benefattori del paese: così il barone Ercole del Carretto, e con lui tutta la sua famiglia, cominciò ad essere presentato nella leggenda come insigne benefattore del culto della Vergine del Monte, costruttore della sua prima chiesa nel 1503.» ([6]) Osta se non altro il fatto che i Requisenz si appropriano di Racalmuto il 28 gennaio 1771 ed a quella data la saga era ben salda nei cuori e nella fede dei racalmutesi, come dimostra l’ex voto che si ammira al Monte. Precedente era anche lo scritto di Francesco Vinci (pubblicato secondo lo stesso padre Morreale, pag. 35) nel 1760 e forse anche quello di Nicolò Salvo. Ma soprattutto appare dirimente il fatto che già nel 1686 la curia vescoviledi Agrigento considerava “miracolosissima imago” (immagine molto miracolosa) quella che si venerava nella chiesa di S. Maria del Monte di Racalmuto. ([7]) Il nostro spirito laico ci è d’intralcio nel chiarire questioni come questa, che coinvolgono aspetti di sì rilevante delicatezza religiosa. Ci limitiamo a pensare che Ercole del Carretto ebbe davvero a costruire la prima chiesa del Monte (di una precedente chiesetta intestata a S. Lucia, non abbiamo alcun documento probante) ed ebbe a corredarla facendo venire da Palermo una statua di marmo. Fu evento memorabile: quella Vergine marmorea, così somigliante alle giovani madri di Racalmuto, brevilinee e rotondette, dovette impressionare e sbalordire gli ingenui occhi dei contadini locali. Legarvi il senso del portento, del miracolo, fu semplice e coinvolgente. Già nel 1608, in una visita pastorale, quel simulacro era maestosamente eretto sull’altare maggiore della Chiesa del Monte: il vescovo - recita il testo episcopale - “Visitavit altare maius super quo est imago marmorea S.mi Virginis, ornata et admodum deaurata”.
Tratti anagrafici di Ercole del Carretto
Scarne sono le notizie che abbiamo su Ercole del Carretto. Non sappiamo quando nasce: la morte cade invece nel gennaio del 1517. Sposò tal Marchisa di cui ignoriamo il casato.
Dal processo d’investitura del figlio Giovanni III possiamo abbozzare questi altri dati: fu “signore e barone della terradi Racalmuto e tenne e possedette quella terra di Racalmuto con il suo castello e fortilizio, nonché con tutti i suoi diritti e pertinenze”. “Vi cambiò tutti gli ufficiali tutte le volte che gli piacque”. “Ebbe a percepire o far percepire frutti, redditi e proventi della baronia di Racalmuto quale vero signore e padrone”. “Tenne il figlio Giovanni come figlio primogenito, legittimo e naturale e per tale lo trattava e come tale lo reputava così come veniva ritenuto, trattato e reputato dagli altri.”. “In qualità di signore e padrone della predetta terra e padre del signor Giovanni, piacendo a Dio morì e fu seppellito nel castello della terra di Racalmuto nel mese diGennaio VI indizione del 1517, dopo avere redatto solenne testamento per mano del notaio Giovanni Antonio Quaglia della città di Agrigento il 16 del predetto mese di gennaio, ove ebbe ad istituire suo erede universale il detto magnifico signore Giovanni”.
Nel suo processo d’investitura si legge che: a «Johanni de Carrectis» successe «quondam magnificus Hercules, unicus filius legitimus et naturalis.» ([8])
Crediamo che il noto giurista operante a Racalmuto, Artale de Tudisco, fosse già al servizio di Ercole del Carretto. Altro notabile del suo entourage fu il nobile Alonso de Calderone che così testimonia: «stando ipsu testimonio como uno degli domestichi di lo quondam magnifico Herculi lu Garretto baruni di Rayalmuto, vidia dicto magnifico regiri et governari la dicta terra et in quella permutari li officiali et rescotirisi et fachendosi rescotirj li renditi et proventi di dicta terra comu veru signuri et patruni et canuxi lo dicto don Joanni de Carrectis esseri figlo primogenito et unico di dicto quondam signuri Erculi lu Garrecto a lu quali lo dicto quondam magnifico Herculi tenia et reputava per figlio unico et primo genito et da tucti accussi era tenuto, trattato et reputato; lu quali dicto quondam magnifico Herculi baruni fu mortu in lo castello di dicta terra et lo presenti lo vitti sepelliri et secondo intisi dicto magnifico Herculi innanti sua morti fichi testamento.»
Testimoniò anche certo Francesco Maganero come intimo del defunto barone, così come il “nobile” Andrea de Milazzo. Personaggi egualmente di risalto furono i “nobili” Antonino Palumbo, Alfonso de Silvestro e Gaspare Sabia.
Il cennato processo include anche uno stralcio del testamento di Ercole del Carretto che qui riportiamo in una nostra traduzione dal latino:
«E’ da sapere come fra gli altri capitoli del testamento del quondam spettabile Ercole del Carretto, barone della terradi Racalmuto, vi è l’infrascritto capitolo.
«Nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, amen. Nell’anno dall’incarnazione 1517, nel mese di gennaio, il giorno 27, VII^ indizione, in Racalmuto e nel castello del magnifico e spettabile signor Ercole del Carretto [si raccolgono le ultime volontà testamentarie], accese tre candele verso la quinta ora della notte.
«E poiché capo e principio di ogni testamento fu ed è l’istituzione dell’erede universale, così il detto magnifico e spettabile signor Ercole, testatore, istituì, fece ed ordinò suo erede universale il magnifico e spettabile signor D. Giovanni del Carretto, suo figlio legittimo e naturale, nato e procreato da lui e dalla quondam magnifica e spettabile donna Marchisa del Carretto, un tempo prima moglie dell’illustre e spettabile testatore sopraddetto.
«E tale eredità si estende sopra tutti i beni suoi, mobili e stabili, presenti e futuri, amovibili ed inamovibili, nonché in ordine a tutti i debitori ovunque esistenti e meglio individuabili e designati, e principalmente nella baronia, nei feudi e nei territori di Racalmuto, con tutti i suoi diritti, redditi, emolumenti, proventi, onori ed oneri della detta baronia a giusto titolo spettanti e pertinenti, secondo laserie ed il tenore dei suoi privilegi e dei suoi indulti e concessioni, in una con l’amministrazione della giustizia giusta la forma dei suoi privilegi.
«Dagli atti miei, notaio Antonino Quaglia agrigentino.
«26 marzo - VI^ Ind. - 1518.»
Il testamento ci svela come Ercole del Carretto abbia sposato in prime nozze la citata Marchisa madre del primogenito Giovanni III. Ercole poté avere contratto altre nozze ma non ne sappiamo nulla.
Paolo del Carretto
Di quale madre fosse, ad esempio il terribile Paolo del Carretto, non è dato sapere. Abbiamo un inghippo che non è facile districare. Alcuni testi dichiarano Giovanni III del Carretto figlio unico di Ercole (vedi testimonianza del Tudisco così come del Calderone), ma nel testamento del Quaglia questo aspetto viene glissato. Supposizioni se ne possono fare tante, ma il dubbio resta. Ed allora va credutala rutilante storia che il Di Giovanni ci fornisce, oltre un secolo dopo, nella rinomata Palermo restaurata? Siamo propensi ad avvalorare l’ipotesi affermativa. Va qui allora ricordato che nel 1630 circa quello strano personaggio che fu il cavaliere Di Giovanni scrisse per sé secentesche memorie che oggi sono una miniera di notizie. Discendente per via laterale dai del Carretto e addirittura dal padre diErcole del Carretto - almeno a suo dire - confezionò un racconto truculento in cui non è facile distinguere il loglio dal grano. Investe la Racalmuto dei primi del ‘Cinquecento e noi non possiamo esimerci dal reiterare quel racconto, quanto bizzarro ed inventato Dio solo sa.
«Nel tempo che fu Lotrecco [Lautrec] a Napoli successe in Sicilia lo caso di Barresi, il qual si nota dopo quel di Sciacca. E fu il predetto caso, che essendo nella città di Castronovo D. Paolo Carretto, mio avo paterno, uomo di gran valore, e avendo differenza con uno di casa Barresi, gli diede il Carretto uno schiaffo; onde ne successe fra loro gravissima inimicizia, in modo che la città si ridusse a parte.
Un giorno volle il Carretto andar a visitare suo fratello D. Ercole, signor di Racalmuto, e vi andò con 25 cavalli. Ma saputo ciò per le spie da’ nemici, lo assaltâro alla piana disanto Pietro. Vide egli da lungi venire i nemici; e potendosi salvare nella chiesa di santo Pietro, gli parve viltà, e si risolse piuttosto morire, che far gesto di sé indegno. Si venne tra loro alle mani; ché animosamente il Carretto investì, e ne morsero dall’una e dall’altra parte.
Ma il Carretto, investendo il suo nemico, era con un pugnale a levargli la vita, avendolo preso per il petto, quando uno de’ compagni con una saetta lo percosse in fronte e lo mandò morto a terra.
Satisfatti perciò i nemici, attesero a salvarsi, e se ne andâro alle guerre del Trecco [Lautrec] a servire Sua Maestà, perché erano due fratelli; e gli successe in una giornata diadoperarsi valorosamente sotto la condotta del conte Borrello, figlio del viceré, perché mantennero un ponte tutti e due, tanto quanto gli arrivasse il soccorso; dal che si evitò gran danno, che poteva succedere agl’Imperiali.
Del che fattosene relazione a Sua Maestà, spedita la guerra, fûro i predetti due fratelli indultati in vita, e fûro fatti capitani d’armi per il regno.
Sentì gravemente il successo D. Giovanni Carretto, nepote del predetto D. Paolo; e più per vedersi i nemici, in quel momento favoriti, stargli innante gli occhi, e perché era digran valore e chimera, procurò quello, che non avea procurato il padre D. Ercole.
In quel tempo era nella città di Naro Enrico Giacchetto, uomo valorosissimo e potente, consobrino di mia ava paterna, il quale, per avere inimicizia con il barone diCamastra, anco della città di Naro, manteneva a sue spese cento cavalli, ordinariamente di gente scelta e valorosa, con li quali faceva allo spesso gesti eroici e singolari. Di costui ne temeva tutto il regno.
D. Giovanni del Carretto, figlio del predetto D. Ercole, si fé chiamare il predetto Enrico, che gli era amicissimo, a cui conferì il suo pensiero, e lo richiese che si volesse adoperare per lui in satisfarlo di quell’oltraggio.
Gli promise buona opera Enrico; e perché si sentiva che i Barresi si volevano levar le mogli e le case da Castronovo, e portarsele alla città di Termine, li appostò Enrico con quaranta cavalli, e, venendo quelli a passare per il fundaco delle Fiaccate, per quel cammino assaltò i predetti fratelli con molta compagnia. I quali non prima si videro Enrico addosso, che sbigottiti si posero a fuggire, e furono finalmente giunti, presi ed uccisi.
E se ne presero le teste, che furono portate al predetto D. Giovanni, il quale, benché prevedesse gran travagli digiustizia, ne fu pure assai satisfatto e contento; tanto si estimava l’onore in quei tempi.
N’ebbe al fine gran travagli: ma col tempo ne riuscì con vittoria, grandissimo onore e reputazione.»
“Più solidità e più stabilità” Eugenio Napoleone Messana (op. cit. pag. 95) pensa che possa avere il suo congetturare sulla genesi della saga della Madonna del Monte, quale trasfigurazione dei fatti sopra narrati. Francamente non ce lasentiamo di seguirlo. Non siamo neppure certi, come si è visto, che Paolo del Carretto fosse racalmutese e fosse davvero fratello del barone Ercole.
Probabile invece che una volta conosciuta la tresca diPaolo, Ercole e Giovanni del Carretto, nelle prime decadi del Seicento, abbia preso corpo a Racalmuto la sublimazione della vetusta e pia memoria della “venuta” di quella adoratissima immagine marmorea della Madonna del Monte.
Il canto popolare che la prof.ssa Isabella Martorana ha saputo recuperare dalla viva voce delle locali vecchiette non è coevo certo alla venuta della Madonna del Monte, ma ha insiti spunti storici che sia pure postumi meglio rispecchianola genesi della saga. Venuta da Trapani - più verosimile che si fosse parlato di Punta Piccola - , “intranno a Racarmuto pila via/ vonzi ristari cca la gran Signura”, sono scisti con qualche valenza storica. Ma visto che “a lu conti cci arrivà mmasciata”, il riferimento è decisamente postumo, databile dopo il declinare del XVI secolo. Il carme dialettale, bello esteticamente, lascia nelle brume anch’esso l’origine della pia tradizione del miracoloso evento della Madonna del Monte che sceglie la sua dimora nel nostro paese, in cima alla panoramica altura della omonima chiesa.
[2] ) Giuseppe Sorge - Mussomeli, dall’origine all’abolizione della feudalità, edizioni ristampe siciliane Palermo 1982 - vol. I - pag. 386 e segg.
[3] ) Il conto enne presentato in Palermo il 18 maggio 1502. “Presentate Pa. 18: Maij 1502 in M: R: C: de m.to D. Salv.ris Aberta p.te per Vincenzu Pitacco Post.m.”
[4] ) Calogero Taverna, Racalmuto in Microsoft - dattiloscritto 1995 c/o Biblioteca Comunale di Racalmuto.
[5]) Leonardo Sciascia, Le parrocchie di Regalpetra - Morte dell’Inquisitore - Laterza Bari 1982 pag. 82 e pag. 83.
[8]) Archivio di Stato di Palermo - Protonotaro Regno - Investiture - busta 1487 processo n.° 1175 - anno 1518-21 (Foto 13/b del retro infra pubblicata).
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