mp è solo una stronza classico esempio di intelligenza uterina! Quanto ad Ornella Pennacchioni mi sono ricreduto. Mi ero sbagliato. Ora c'è un bel cimento da opposte ma intelligenti visioni. Io maschilista omofobo senza confini, lei soave scrittrice dall'iperbole rovesciata.
sabato 30 aprile 2016
Siamo ancora comunisti
Berlino, quel che resta del Muro
Rimuovi
Lillo Taverna Ci resta a noi la grande idea comunista, magari marxista oppure gramsciana purififaca da tutte le impurità colonialiste.
Rimuovi
Rimuovi
Lillo Taverna nel materialismo storico nulla torna indietro, tutto si evolve, verso però una ineluttabile palingenesi sociale. I poveri di spirito questo non l'afferrano. Evangelicamente andranno in paradiso. Beati i poveri di spirito perché di loro è il regno dei cieli. Preferisco essere spiritualmente ricco qui, e lasciare il tripudio dell'anima ma di là a chi lo vuole.
venerdì 29 aprile 2016
Alfredo Sole di Racalmuto, ergastolano ostativo neo dottore in filosofia
Mi va di precisare: il mio figiiolo "selettivo" (non saprei come meglio chiamarlo) Alfredo Sole non sta sotto il regime del 41 bis. Starebbe sotto il 4 bis ma è una ipocrisia inventata dal ministro Angelo Alfano. Con il 4 bis ti danno un sacco di benefici carcerari a condizione che tu SIA "PROFICUAMENTE" COLLABORATIVO. CHI GIUDICA QUESTA PROFICUITA'? SEDICENTI MAGISTRATI DELL'ANTIMAFIA CHE COME NEL CASO DI SOLE SONO IN TUTT'ALTRE FACCENDE AFFCCENDATI; si limitano burocraticamnte a scrivere: 'nulla di nuovo: si conferma il passato giudizio' specie se Savatteri Lupo e Melampo dicono che hanno pubblicato un nuovo libro sui RAGAZZI DI REGAPETRA ove si parla di un SOLE di tanti anni fa. Quel libro pur osannato in convegni non si trova in libreria e non si sa perché. Qualche guaio forse con l'antimafia.
[Invero il libro oggi il mio solerte libraio me lo fa avere. Pubblicato nel febbraio del 2016 coincide con la disinvolta giubilazione del giudice Ravaglioli di cui si lamenta Alfredo. Certo il magistrato avendo questo fasullo testo si ritenne più che rassicurato nel confermare giudizi ostativi contro l'ignoto Sole. I Racalmutesi Savatteri e Garlisi di Melampo lo attestano. Lupo si lancia in una ciarla senza fondamento. Nulla sa di mafia e ne scrive come se tutto sapesse; nulla sa di Savatteri e ne accenna come se tutto sapesse; nulla sa di Racalmuto e ne pontifica come se tutto sapesse. Due paginette di vuoti aggettivi senza costrutto senza concetto né tenace nè blando. Codesti signori si sono resi conto che hanno sottoscritto una ulteriore inconfutabile "fine pena mai" contro il loro compaesano (Lupo non conta) l'innocente ed ora innocuo Alfredo Sole. "E' in carcere di stretta sorveglianza" ha risposto una donniiola tronfia di potere carcerario. Neppure avrebbero raccolto un mazzo di foiri sul portone del carcere oggidì, in occasione della laurea di Alfredo Sole, consenguita dentro il duro reclusorio di Opera. Questi racalmutesi che per vil denaro hanno prodotto siffatti danni non ne sentono rimorso o almeno disagio?]
.Alfredo Sole visse in un una famiglia paricolare di Racalmuto. Ebbe tempo di sposarsi, di mettere al mondo un figlio, eseguire ordini criminali di certa mafia racalmutese e a 23 anni finì in carcere durissimo con tre ergastoli, fine pena mai.
Nel primo quinquennio è sotto il regime 41 bis. Ma è cosa risibile. Lo raggiungono in carcere capimafia veri; gli avevano ammazzato padre e fratello e quache zio. Ad Alfredo si chiede il mandato a vendicarli. Alfredo Sole è già un altro uomo o finalmente diventa un uomo. "Basta col sangue" decreta e quelle vendette svaniscono nel nulla. Più pentito di così, più collaborativo di così! Ma miente da fare:.il regime del 41 bis continua. Alredo si appella al tribunale dei diritti dell'uomo. Gli si dà ragione. L'Italia esegue tartufescamente. Lo mette in regime 4bis ma lo si qualifica come ergastolano ostativo ed è peggio del 41 bis.
Alfredo cambia del tutto: è davvero un nuovo uomo homo novus teorizza anche Veronesi. Ma nemte da fare; per i magistrati distrattissimi ma remuneratissimi dell'antmafia è OSTATIVO e in due metri per due e mezzo lo relegano al mio Alfredo per venticinque anni.
Venerdì prossimo si laurea con una media già acquisita del massimo, all'interno del carcere di Opera, in Filosofia con una tesi mica balzana ma sul Sophistès di Platone contra Gorgia che difende con retorica arte sofistica Elena di Troia. E' in contrasto con il cattedratico dell'Università di Milano e il mio amico Alfredo Sole sta passando notti insonni temendo che nell'alterco che presume con quel cattedratico abbia a soccombere e perdere la lode. Venerdì saprò. Mandategli un segno di plauso per questo essere divenitato pur nelle strettoie dell'ostatività permanente DOTTORE IN FILOSOFIA GRECA.
Ed io voglio qui esprimere plauso al terribile carcere durisimo di Opera che purtuttavia ha consentito al mio diletto figliolo selettivo di laurearsi niententemeno che in Filosofia con la selettiva Università di Milano.
Calogero Taverna
Dirti che concordo sarei un grande ipocrita. La penso esattamente al rovescio. Non ci si vuol rendere conto che il millennio scorso è tramontato con tutte quelle illusioni delusioni atrocità supponenze meschinerie e con quei papi fuori dal tempo goveranti mediocri e flaccidi. Tutti noi sopravvissuti siamo frattaglie decomposte e scomposte. Putride. Siamo incoltamente nostalgici. Banali laudatores temporis acti. Ora nel nuovo millennio con donne sterili per l'eccessivo affusolamento del bacino e con maschi afflosciatisi e travestiti, lelinee di marcia son due: largo ai giovani e quota rosa cui stiamo consegnando il mondo opulento e l'Italia un tempo cristiana. Siamo dunque in palingenesi epocale. Donne al comando e migranti schiavi e fecondi. Siamo smarriti. Dovremmo tacere: invece blateriamo! Le nostre ciarle si sperdono nei mari del nulla.
il NARCISO autunnale racalmutense.
Un solo siciliano io conosco di vero acuto intelletto e di sconfinata dottrina, il professore emerito di diritto siciliano Enrico Mazzarese Fardella.
Soave nel dire come aspro nel pensare, si crogiola aristocraticamente in un giansenismo disperato quanto mordace.
L'altro giorno gli palavo di un fiore che in primavera cresceva nella mia piccola vigna in quel di Bovo nell'aprica Racalmuto. Lo credevo orchidea siciliana. Ne trovo un esemplare a mille e duecento metri ma su al castello di Poggiopoponesco sopra il Lago del Salto, nel comune di Fiamignano (una volta provincia di Rieti). Eureka dico: l'orchidea sicula cresce pure nel Cicolano.
Ovvio era un mio abbaglio, gli scienziati e le querule altrici dei fiori subito mi rampognano: era banale gladiolo.
Ma il gladiolo è voce latina. Al fiore dà il nome Plinio per quelle foglie erte ed appuntite che richiamano il gladium (senza coinvolgere Cossiga e la sua nefasta congrega dei gladiatori avversi ai pacifici comunisti togliattiani, di cui io mi vanto di far parte).
Ne parlo col prof. Enrico Mazzarese Fardella; ricambia con la vicenda del fiore narciso. E qui da par suo illumina su questa bella metamorfosi ovidiana. Dove arriva la vera cultura?
Mi chiedo: ma nel mio borgo natio, a Racalmuto, c'è il narciso? Mi sovviene il Linneo racalmutese, il dottore Giovanni Salvo che a pag. 106 del suo Racalmuto floreale scrive: " Numerose sono anche le specie dai fiori appariscenti. Dopo la lunga e calda estate, durante la quale soltanto la Scilla marittima (Urginea maritima) riesce a sbocciare nelle radure aride e sassose, sin dalle prime piogge autunnali evidenziano i loro vivaci colori .... il Narciso autunnale (Narcissus serotinus)....."
Allora mi son documentato così:
Narcissus serotinus L.
Nomencl. ref.: Sp. Pl.: 290 (1753)
Rank: species
Nomi comuni:
Nome italiano: Narciso autunnale
Forma biologica: G bulb (Pianta erbacea perenne, con bulbi sotterranei)
Periodo di fioritura / Flowering time:
Altitudine / Elevation :
Zona di rusticità / USDA Hardiness Zone (IT): N/A
Tipo corologico: Steno-Medit.
Sinonimi:
- Narcissus obsoletus (Haw.) Steud.
Nomencl. ref.: Sp. Pl.: 290 (1753)
Rank: species
Nome italiano: Narciso autunnale
Forma biologica: G bulb (Pianta erbacea perenne, con bulbi sotterranei)
Periodo di fioritura / Flowering time:
Altitudine / Elevation :
Zona di rusticità / USDA Hardiness Zone (IT): N/A
Tipo corologico: Steno-Medit.
Sinonimi:
- Narcissus obsoletus (Haw.) Steud.
Distribuzione geografica in Italia | Distribuzione in Europa |
Narciso (mitologia)
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Narciso (in greco antico: Νάρκισσος, Nárkissos) è un personaggio della mitologia greca e cacciatore, famoso per la sua bellezza. Figlio della ninfa Liriope e del dio fluviale Cefiso[1][2] (o secondo un'altra versione di Selene ed Endimione[3]), nel mito appare incredibilmente crudele, in quanto disdegna ogni persona che lo ama. A seguito di una punizione divina si innamora della sua stessa immagine riflessa in uno specchio d'acqua e muore cadendo nel fiume in cui si specchiava.
Esistono diverse versioni del mito: una proviene dai papiri di Ossirinco ed è attribuita a Partenio; un'altra si trova nelle Narrazioni di Conone, datata fra il 36 a.C. e il 17 d.C.; mentre le più note sono la versione di Ovidio, contenuta nelle Metamorfosi, e quella di Pausania, proveniente dalla sua Guida o Periegesi della Grecia.
La versione ellenica[modifica | modifica wikitesto]
La versione ellenica del mito appare come una sorta di racconto morale in cui il superbo e insensibile Narciso viene punito dagli dèi per aver respinto tutti i suoi pretendenti di sesso maschile e, in un certo qual senso, lo stesso Eros. Il racconto è quindi pensato come una storia di ammonimento rivolto ai giovani.[4]
Fino a poco tempo fa le due fonti per questa versione del mito erano un compendio delle opere di Conone, un greco contemporaneo di Ovidio, conservato nella Bibliotheca di Fozio[5] e un brano di Pausania, vissuto circa 150 anni dopo Ovidio. Un racconto molto simile è stato però scoperto nel 2004 tra i papiri di Ossirinco, che si crede messi per iscritto da Partenio. Questa versione precede quella di Ovidio di almeno cinquant'anni.
Il mito greco narra che Narciso aveva molti innamorati, che lui costantemente respingeva fino a farli desistere. Solo un giovane ragazzo, Aminia, non si dava per vinto, tanto che Narciso gli donò una spada perché si uccidesse. Aminia, obbedendo al volere di Narciso, si trafisse l'addome davanti alla sua casa, avendo prima invocato gli dei per ottenere una giusta vendetta.[6]
La vendetta si compì quando Narciso, contemplando in una fonte la sua bellezza, restò incantato dalla sua immagine riflessa, innamorandosi perdutamente di se stesso. Completando la simmetria del racconto, preso dalla disperazione e sopraffatto dal pentimento, Narciso prese la spada che aveva donato ad Aminia e si uccise trafiggendosi il petto. Dalla terra sulla quale fu versato il suo sangue, si dice che spuntò per la prima volta l'omonimo fiore.[6]
La versione romana[modifica | modifica wikitesto]
Nel racconto narrato da Ovidio, probabilmente basato sulla versione di Partenio, ma modificata al fine di aumentarne il pathos,[7] Eco, una ninfa dei monti, si innamorò di un giovane vanitoso di nome Narciso, figlio di Cefiso, una divinità fluviale, e della ninfa Liriope.[1][2] Cefiso aveva circondato Liriope con i suoi corsi d'acqua e, così intrappolata, aveva sedotto la ninfa che diede alla luce un bambino di eccezionale bellezza. Preoccupata per il futuro del bimbo, Liriope consultò il profeta Tiresia il quale predisse che Narciso avrebbe raggiunto la vecchiaia, “se non avesse mai conosciuto se stesso.”[1]
Quando Narciso raggiunse il sedicesimo anno di età, era un giovane di tale bellezza che ogni abitante della città, uomo o donna, giovane o vecchio, si innamorava di lui, ma Narciso, orgogliosamente, li respingeva tutti. Un giorno, mentre era a caccia di cervi, la ninfa Eco furtivamente seguì il bel giovane tra i boschi desiderosa di rivolgergli la parola, ma incapace di parlare per prima perché costretta a ripetere sempre le ultime parole di ciò che le veniva detto; era stata infatti punita da Giunone perché l'aveva distratta con dei lunghi racconti mentre le altre ninfe, amanti di Giove, si nascondevano.
Narciso, quando sentì dei passi, gridò: “Chi è là?”, Eco rispose: “Chi è là?” e così continuò, finché Eco non si mostrò e corse ad abbracciare il bel giovane. Narciso, però, allontanò immediatamente in malo modo la ninfa dicendole di lasciarlo solo. Eco, con il cuore infranto, trascorse il resto della sua vita in valli solitarie, gemendo per il suo amore non corrisposto, finché di lei rimase solo la voce.[1]
Nemesi, ascoltando questi lamenti, decise di punire il crudele Narciso. Il ragazzo, mentre era nel bosco, si imbatté in una pozza profonda e si accucciò su di essa per bere. Non appena vide per la prima volta nella sua vita la sua immagine riflessa, si innamorò perdutamente del bel ragazzo che stava fissando, senza rendersi conto che fosse lui stesso. Solo dopo un po' si accorse che l'immagine riflessa apparteneva a lui e, comprendendo che non avrebbe mai potuto ottenere quell’amore, si lasciò morire struggendosi inutilmente; si compiva così la profezia di Tiresia.
Quando le Naiadi e le Driadi vollero prendere il suo corpo per collocarlo sul rogo funebre, al suo posto trovarono un fiore a cui fu dato il nome narciso. Si narra che Narciso, quando attraversò lo Stige, il fiume dei morti, per entrare nell'Oltretomba, si affacciò sulle acque limacciose del fiume, sperando di poter ammirare ancora una volta il suo riflesso.[1]
La versione di Pausania[modifica | modifica wikitesto]
Pausania individua la fonte di Narciso a Tespie, in Beozia. Lo scrittore greco trova poco credibile (usando le sue stesse parole “idiota”) che qualcuno non sia in grado di distinguere un riflesso da una persona reale, e cita una variante meno nota a cui dà più credito.
In questa versione Narciso aveva una sorella gemella, del tutto somigliante a lui, con la quale andava spesso a caccia insieme. Narciso alla fine si innamorò di lei e quando questa morì, recandosi alla fonte, capiva di vedere la propria immagine, ma quel viso assomigliava così tanto alla sorella amata che gli era di grande consolazione.
Pausania, inoltre, fa notare che il fiore narciso doveva esistere ben prima del personaggio omonimo, visto che il poeta epico Pamphos, vissuto molti anni prima, nei suoi versi narra che quando Persefone fu rapita da Ade stava raccogliendo proprio dei narcisi.[8]
Influenza culturale[modifica | modifica wikitesto]
Il mito di Narciso è stato un'assidua fonte di ispirazione per gli artisti fino ai giorni nostri, anche ben prima che il poeta latino Ovidio includesse una versione del mito nel libro III delle sue Metamorfosi.
Pittura[modifica | modifica wikitesto]
Fra i principali pittori che si sono dedicati al mito di Narciso si possono citare: Caravaggio (Narciso, 1600 ca.), Nicolas Poussin (Narciso ed Eco, 1630 ca.), François Lemoyne (Narciso, 1728), William Turner (Narciso ed Eco, 1804), John William Waterhouse (Eco and Narciso, 1903), Salvador Dalí (Metamorfosi di Narciso, 1937).
Letteratura[modifica | modifica wikitesto]
Il mito e la figura di Narciso sono stati ripresi in secoli più recenti da vari poeti, ad esempio John Keats e Alfred Edward Housman.
Il mito ha influenzato la cultura omoerotica dell'era vittoriana, attraverso lo studio di André Gide del mito (Il Trattato di Narciso, 1891) e l'opera di Oscar Wilde, soprattutto il romanzo Il ritratto di Dorian Gray.
Fëdor Dostoevskij utilizza in alcune poesie e romanzi personaggi con un carattere simile a Narciso (come Jakov Petrovic Goljadkin ne Il sosia, 1846).
Nel romanzo di Stendhal Il rosso e il nero (1830) il personaggio di Mathilde mostra un tipico carattere narcisista, dice difatti il principe Korasoff a Julien Sorel: Guarda solo se stessa, invece di guardare voi, e così non vi conosce.
Hermann Melville fa riferimento al mito di Narciso nel suo romanzo Moby Dick, quando Ismaele spiega che il mito è la chiave di tutto, riferendosi alla questione se sia possibile ritrovare l'essenza della verità all'interno del mondo fisico.
Nei "Poemi Conviviali" il poeta italiano Giovanni Pascoli dedica il poemetto "I Gemelli" a Narciso, traendo ispirazione dalla variante riportata da Pausania.
Lo scrittore e poeta Rainer Maria Rilke visita il carattere e il simbolismo di Narciso in molte delle sue poesie.
Nel 1930 la figura di Narciso è riproposta dallo scrittore tedesco Hermann Hesse col romanzo Narciso e Boccadoro, dove il personaggio è presentato in veste di monaco medievale; qui il "narcisismo" si basa sulla sua intelligenza piuttosto che sulla bellezza fisica.
Un personaggio del Santuario (romanzo) (1931) di William Faulkner viene denominato Narcissa, la sorella di Orazio la quale prova una sorta di amore incondizionato nei confronti del fratello.
Anche il libro di Paulo Coelho L'alchimista (1988) inizia con un riferimento a Narciso.
Seamus Heaney cita Narciso nel suo poema Personal Helicon dalla sua prima collezione Death of a Naturalist.[9]
Musica[modifica | modifica wikitesto]
Sono state dedicate varie canzoni a questo tema: License to Kill di Bob Dylan si riferisce indirettamente a Narciso; il gruppo metal greco Septic Flesh ha inciso una canzone su Narciso (intitolata Narcissus) nel loro album Communion; il testo della canzone Reflection dei Tool è parzialmente incentrata sul mito di Narciso; altre canzoni inerenti al mito sono Narcissus di Alanis Morissette, The daffodil lament di The Cranberries e Deep six di Marilyn Manson.
A Narciso è dedicato il secondo brano del trittico dei 'Miti' op. 30 per violino e pianoforte scritti dal compositore polacco Karol Szymanowski
Fra gli autori italiani si può citare: La lira di Narciso, tratta dall'album Bianco sporco dei Marlene Kuntz, Parole di burro tratta dall'album Stato di necessità di Carmen Consoli, Una storia d'amore e di vanità di Morgan (Da A ad A. Teoria delle catastrofi), Narciso tratta dall'album omonimo album dei Pierrot Lunaire, La Cantata del Fiore di Nicola Piovani, Eco e Narciso di Francesco Camattini ed infine Eco e Narciso-il musical di Nicola e Gianfranco Salvio.
Su pellicola[modifica | modifica wikitesto]
Pink Narcissus (1971) è un film artistico di James Bidgood sulle fantasie di un ragazzo dedito alla prostituzione maschile.
L'autore Norman McLaren ha concluso la sua carriera nel 1983 con un cortometraggio intitolato "Narciso", in cui racconta la legenda greca attraverso il balletto.
Nel film tunisino del 2005 Bab'Aziz - Il principe che contemplava la sua anima diretto da Nacer Khemir il mito di Narciso viene interpretato dalla figura di un antico principe il quale sta seduto davanti ad un laghetto cercando di guardarvi dentro, giorno dopo giorno, il riflesso della propria anima.
Adozione del termine "narcisismo" in psicologia[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Narcisismo. |
Nel 1899, Paul Näche è la prima persona ad utilizzare il termine "narcisismo" in uno studio sulle perversioni sessuali.
Nel 1911, Otto Rank pubblica il primo scritto psicoanalitico specificamente centrato sul narcisismo, collegandolo alla vanità e all'auto-ammirazione.[11]
Nel 1914, Sigmund Freud pubblica uno saggio sul narcisismo intitolato Introduzione al narcisismo, dove amplia il significato del termine introducendo i concetti di narcisismo primario e di narcisismo secondario o protratto.
Attualmente un disturbo della personalità è denominato disturbo narcisistico di personalità e, in termini generali, col termine narcisismo si viene ad intendere l'amore, spesso esagerato, che una persona prova per la propria immagine e per se stesso.
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ a b c d e Ovidio, Metamorfosi, 3. 339 - 509
- ^ a b Igino, Fabulae, 271
- ^ Nonno di Panopoli, Dionysiaca, 48.581
- ^ David Keyes, The ugly end of Narcissus: "It's thought that, in the liberal sexual atmosphere of ancient Greece, his story developed as a cautionary tale as to what could happen to beautiful young men who rejected their elders' advances".POxy Oxyrhynchus Online[1]
- ^ Fozio, Bibliotheca, codice 186.
- ^ a b Conone, Narrazioni XXIV [Fozio, Biblioteca 186.134b 28- 135 a. 4]
- ^ "This early version - a Greek poem - probably dates from the mid-first century BC and differs from the oft-quoted account by the Roman poet Ovid written about half a century later. 'Following this discovery it is becoming increasingly clear that the myth was altered by Ovid to broaden its appeal,' said the Oxford scholar who discovered the poem, Dr Benjamin Henry of the university's classics faculty." POxy: Oxyrhynchus Online, published in the BBC History Magazine, Vol. 5 No. 5 (May 2004), p. 9 POxy Oxyrhynchus Online
- ^ Pausania, Descrizione della Grecia, IX 31, 7-8
- ^ Cf. Ibiblio, Internet Poetry Archive: Text of the Poem Personal Helicon
- ^ Millon, Theodore, Personality Disorders in Everyday Life, 2004
- ^ Millon, Theodore, Personality Disorders in Everyday Life, 2004
Un solo siciliano io conosco di vero acuto intelletto e di sconfinata dottrina, il professore emerito di diritto siciliano Enrico Mazzarese Fardella.
Soave nel dire come aspro nel pensare. si crogiola aristocraticamente in un giansenismo disperato quanto mordace.
L'altro giorno gli palavo di un fiore che in primavera cresceva nella mia piccola vigna in quel di Bovo nell'aprica Racalmuto. Lo credevo orchidea siciliana. Ne trovo un esemplare a mille e duecento metri ma su al castello di Poggiopoponesco sopra il Lago del Salto, nel comune di Fiamignano (una volta provincia di Rieti). Eureka dico: l'orchidea sicula cresce pure nel Cicolano.
Ovvio era un mio abbaglio, gli scienziati e le querule altrici dei fiori subito mi rampognano: era banale gladiolo.
Ma il gladiolo è voce latina. Al fiore dà il nome Plinio per quelle foglie erte ed appuntite che richiamano il gladium (senza coinvolgere Cossiga e la sua nefasta congrega dei gladiatori avversi ai pacifici comunisti togliattiani, di cui io mi vanto di far parte).
Ne parlo col prof. Enrico Mazzarese Fardella; ricambia con la vicenda del fiore narciso. E qui da par suo illumina su questa bella metamorfosi ovidiana. Dove arriva la vera cultura?
Mi chiedo: ma nel mio borgo natio, a Racalmuto, c'è il narciso? Mi sovviene il Linneo racalmutese, il dottore Giovanni Salvo che a pag. 106 del suo Racalmuto floreale scrive: " Numerose sono anche le specie dai fiori appariscenti . Dopo la lunga e calda estate, durante la quale soltanto la Scilla marittima (Urginea maritima) riesce a sbocciare nelle radure aride e sassose, sin dalle prime piogge autunnali evidenziano i loro vivaci colori .... il Narciso autunnale (Narcissus serotinus)....."
Allora mi son documentato così:
Narcissus serotinus L.
Nomencl. ref.: Sp. Pl.: 290 (1753)
Rank: species
Nomi comuni:
Nome italiano: Narciso autunnale
Forma biologica: G bulb (Pianta erbacea perenne, con bulbi sotterranei)
Periodo di fioritura / Flowering time:
Altitudine / Elevation :
Zona di rusticità / USDA Hardiness Zone (IT): N/A
Tipo corologico: Steno-Medit.
Sinonimi:
- Narcissus obsoletus (Haw.) Steud.
Nomencl. ref.: Sp. Pl.: 290 (1753)
Rank: species
Nome italiano: Narciso autunnale
Forma biologica: G bulb (Pianta erbacea perenne, con bulbi sotterranei)
Periodo di fioritura / Flowering time:
Altitudine / Elevation :
Zona di rusticità / USDA Hardiness Zone (IT): N/A
Tipo corologico: Steno-Medit.
Sinonimi:
- Narcissus obsoletus (Haw.) Steud.
Distribuzione geografica in Italia | Distribuzione in Europa |
Narciso (mitologia)
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Narciso (in greco antico: Νάρκισσος, Nárkissos) è un personaggio della mitologia greca e cacciatore, famoso per la sua bellezza. Figlio della ninfa Liriope e del dio fluviale Cefiso[1][2] (o secondo un'altra versione di Selene ed Endimione[3]), nel mito appare incredibilmente crudele, in quanto disdegna ogni persona che lo ama. A seguito di una punizione divina si innamora della sua stessa immagine riflessa in uno specchio d'acqua e muore cadendo nel fiume in cui si specchiava.
Esistono diverse versioni del mito: una proviene dai papiri di Ossirinco ed è attribuita a Partenio; un'altra si trova nelle Narrazioni di Conone, datata fra il 36 a.C. e il 17 d.C.; mentre le più note sono la versione di Ovidio, contenuta nelle Metamorfosi, e quella di Pausania, proveniente dalla sua Guida o Periegesi della Grecia.
Fino a poco tempo fa le due fonti per questa versione del mito erano un compendio delle opere di Conone, un greco contemporaneo di Ovidio, conservato nella Bibliotheca di Fozio[5] e un brano di Pausania, vissuto circa 150 anni dopo Ovidio. Un racconto molto simile è stato però scoperto nel 2004 tra i papiri di Ossirinco, che si crede messi per iscritto da Partenio. Questa versione precede quella di Ovidio di almeno cinquant'anni.
Il mito greco narra che Narciso aveva molti innamorati, che lui costantemente respingeva fino a farli desistere. Solo un giovane ragazzo, Aminia, non si dava per vinto, tanto che Narciso gli donò una spada perché si uccidesse. Aminia, obbedendo al volere di Narciso, si trafisse l'addome davanti alla sua casa, avendo prima invocato gli dei per ottenere una giusta vendetta.[6]
La vendetta si compì quando Narciso, contemplando in una fonte la sua bellezza, restò incantato dalla sua immagine riflessa, innamorandosi perdutamente di se stesso. Completando la simmetria del racconto, preso dalla disperazione e sopraffatto dal pentimento, Narciso prese la spada che aveva donato ad Aminia e si uccise trafiggendosi il petto. Dalla terra sulla quale fu versato il suo sangue, si dice che spuntò per la prima volta l'omonimo fiore.[6]
Quando Narciso raggiunse il sedicesimo anno di età, era un giovane di tale bellezza che ogni abitante della città, uomo o donna, giovane o vecchio, si innamorava di lui, ma Narciso, orgogliosamente, li respingeva tutti. Un giorno, mentre era a caccia di cervi, la ninfa Eco furtivamente seguì il bel giovane tra i boschi desiderosa di rivolgergli la parola, ma incapace di parlare per prima perché costretta a ripetere sempre le ultime parole di ciò che le veniva detto; era stata infatti punita da Giunone perché l'aveva distratta con dei lunghi racconti mentre le altre ninfe, amanti di Giove, si nascondevano.
Narciso, quando sentì dei passi, gridò: “Chi è là?”, Eco rispose: “Chi è là?” e così continuò, finché Eco non si mostrò e corse ad abbracciare il bel giovane. Narciso, però, allontanò immediatamente in malo modo la ninfa dicendole di lasciarlo solo. Eco, con il cuore infranto, trascorse il resto della sua vita in valli solitarie, gemendo per il suo amore non corrisposto, finché di lei rimase solo la voce.[1]
Nemesi, ascoltando questi lamenti, decise di punire il crudele Narciso. Il ragazzo, mentre era nel bosco, si imbatté in una pozza profonda e si accucciò su di essa per bere. Non appena vide per la prima volta nella sua vita la sua immagine riflessa, si innamorò perdutamente del bel ragazzo che stava fissando, senza rendersi conto che fosse lui stesso. Solo dopo un po' si accorse che l'immagine riflessa apparteneva a lui e, comprendendo che non avrebbe mai potuto ottenere quell’amore, si lasciò morire struggendosi inutilmente; si compiva così la profezia di Tiresia.
Quando le Naiadi e le Driadi vollero prendere il suo corpo per collocarlo sul rogo funebre, al suo posto trovarono un fiore a cui fu dato il nome narciso. Si narra che Narciso, quando attraversò lo Stige, il fiume dei morti, per entrare nell'Oltretomba, si affacciò sulle acque limacciose del fiume, sperando di poter ammirare ancora una volta il suo riflesso.[1]
In questa versione Narciso aveva una sorella gemella, del tutto somigliante a lui, con la quale andava spesso a caccia insieme. Narciso alla fine si innamorò di lei e quando questa morì, recandosi alla fonte, capiva di vedere la propria immagine, ma quel viso assomigliava così tanto alla sorella amata che gli era di grande consolazione.
Pausania, inoltre, fa notare che il fiore narciso doveva esistere ben prima del personaggio omonimo, visto che il poeta epico Pamphos, vissuto molti anni prima, nei suoi versi narra che quando Persefone fu rapita da Ade stava raccogliendo proprio dei narcisi.[8]
Il mito ha influenzato la cultura omoerotica dell'era vittoriana, attraverso lo studio di André Gide del mito (Il Trattato di Narciso, 1891) e l'opera di Oscar Wilde, soprattutto il romanzo Il ritratto di Dorian Gray.
Fëdor Dostoevskij utilizza in alcune poesie e romanzi personaggi con un carattere simile a Narciso (come Jakov Petrovic Goljadkin ne Il sosia, 1846).
Nel romanzo di Stendhal Il rosso e il nero (1830) il personaggio di Mathilde mostra un tipico carattere narcisista, dice difatti il principe Korasoff a Julien Sorel: Guarda solo se stessa, invece di guardare voi, e così non vi conosce.
Hermann Melville fa riferimento al mito di Narciso nel suo romanzo Moby Dick, quando Ismaele spiega che il mito è la chiave di tutto, riferendosi alla questione se sia possibile ritrovare l'essenza della verità all'interno del mondo fisico.
Nei "Poemi Conviviali" il poeta italiano Giovanni Pascoli dedica il poemetto "I Gemelli" a Narciso, traendo ispirazione dalla variante riportata da Pausania.
Lo scrittore e poeta Rainer Maria Rilke visita il carattere e il simbolismo di Narciso in molte delle sue poesie.
Nel 1930 la figura di Narciso è riproposta dallo scrittore tedesco Hermann Hesse col romanzo Narciso e Boccadoro, dove il personaggio è presentato in veste di monaco medievale; qui il "narcisismo" si basa sulla sua intelligenza piuttosto che sulla bellezza fisica.
Un personaggio del Santuario (romanzo) (1931) di William Faulkner viene denominato Narcissa, la sorella di Orazio la quale prova una sorta di amore incondizionato nei confronti del fratello.
Anche il libro di Paulo Coelho L'alchimista (1988) inizia con un riferimento a Narciso.
Seamus Heaney cita Narciso nel suo poema Personal Helicon dalla sua prima collezione Death of a Naturalist.[9]
A Narciso è dedicato il secondo brano del trittico dei 'Miti' op. 30 per violino e pianoforte scritti dal compositore polacco Karol Szymanowski
Fra gli autori italiani si può citare: La lira di Narciso, tratta dall'album Bianco sporco dei Marlene Kuntz, Parole di burro tratta dall'album Stato di necessità di Carmen Consoli, Una storia d'amore e di vanità di Morgan (Da A ad A. Teoria delle catastrofi), Narciso tratta dall'album omonimo album dei Pierrot Lunaire, La Cantata del Fiore di Nicola Piovani, Eco e Narciso di Francesco Camattini ed infine Eco e Narciso-il musical di Nicola e Gianfranco Salvio.
L'autore Norman McLaren ha concluso la sua carriera nel 1983 con un cortometraggio intitolato "Narciso", in cui racconta la legenda greca attraverso il balletto.
Nel film tunisino del 2005 Bab'Aziz - Il principe che contemplava la sua anima diretto da Nacer Khemir il mito di Narciso viene interpretato dalla figura di un antico principe il quale sta seduto davanti ad un laghetto cercando di guardarvi dentro, giorno dopo giorno, il riflesso della propria anima.
Nel 1898 Havelock Ellis, un sessuologo inglese, usa il termine "narcissus-like" in un suo studio sull'autoerotismo, in riferimento alla "masturbazione eccessiva" in cui la persona diventa il proprio unico oggetto sessuale.[10]
Nel 1899, Paul Näche è la prima persona ad utilizzare il termine "narcisismo" in uno studio sulle perversioni sessuali.
Nel 1911, Otto Rank pubblica il primo scritto psicoanalitico specificamente centrato sul narcisismo, collegandolo alla vanità e all'auto-ammirazione.[11]
Nel 1914, Sigmund Freud pubblica uno saggio sul narcisismo intitolato Introduzione al narcisismo, dove amplia il significato del termine introducendo i concetti di narcisismo primario e di narcisismo secondario o protratto.
Attualmente un disturbo della personalità è denominato disturbo narcisistico di personalità e, in termini generali, col termine narcisismo si viene ad intendere l'amore, spesso esagerato, che una persona prova per la propria immagine e per se stesso.
Esistono diverse versioni del mito: una proviene dai papiri di Ossirinco ed è attribuita a Partenio; un'altra si trova nelle Narrazioni di Conone, datata fra il 36 a.C. e il 17 d.C.; mentre le più note sono la versione di Ovidio, contenuta nelle Metamorfosi, e quella di Pausania, proveniente dalla sua Guida o Periegesi della Grecia.
Indice
[nascondi]La versione ellenica[modifica | modifica wikitesto]
La versione ellenica del mito appare come una sorta di racconto morale in cui il superbo e insensibile Narciso viene punito dagli dèi per aver respinto tutti i suoi pretendenti di sesso maschile e, in un certo qual senso, lo stesso Eros. Il racconto è quindi pensato come una storia di ammonimento rivolto ai giovani.[4]Fino a poco tempo fa le due fonti per questa versione del mito erano un compendio delle opere di Conone, un greco contemporaneo di Ovidio, conservato nella Bibliotheca di Fozio[5] e un brano di Pausania, vissuto circa 150 anni dopo Ovidio. Un racconto molto simile è stato però scoperto nel 2004 tra i papiri di Ossirinco, che si crede messi per iscritto da Partenio. Questa versione precede quella di Ovidio di almeno cinquant'anni.
Il mito greco narra che Narciso aveva molti innamorati, che lui costantemente respingeva fino a farli desistere. Solo un giovane ragazzo, Aminia, non si dava per vinto, tanto che Narciso gli donò una spada perché si uccidesse. Aminia, obbedendo al volere di Narciso, si trafisse l'addome davanti alla sua casa, avendo prima invocato gli dei per ottenere una giusta vendetta.[6]
La vendetta si compì quando Narciso, contemplando in una fonte la sua bellezza, restò incantato dalla sua immagine riflessa, innamorandosi perdutamente di se stesso. Completando la simmetria del racconto, preso dalla disperazione e sopraffatto dal pentimento, Narciso prese la spada che aveva donato ad Aminia e si uccise trafiggendosi il petto. Dalla terra sulla quale fu versato il suo sangue, si dice che spuntò per la prima volta l'omonimo fiore.[6]
La versione romana[modifica | modifica wikitesto]
Nel racconto narrato da Ovidio, probabilmente basato sulla versione di Partenio, ma modificata al fine di aumentarne il pathos,[7] Eco, una ninfa dei monti, si innamorò di un giovane vanitoso di nome Narciso, figlio di Cefiso, una divinità fluviale, e della ninfa Liriope.[1][2] Cefiso aveva circondato Liriope con i suoi corsi d'acqua e, così intrappolata, aveva sedotto la ninfa che diede alla luce un bambino di eccezionale bellezza. Preoccupata per il futuro del bimbo, Liriope consultò il profeta Tiresia il quale predisse che Narciso avrebbe raggiunto la vecchiaia, “se non avesse mai conosciuto se stesso.”[1]Quando Narciso raggiunse il sedicesimo anno di età, era un giovane di tale bellezza che ogni abitante della città, uomo o donna, giovane o vecchio, si innamorava di lui, ma Narciso, orgogliosamente, li respingeva tutti. Un giorno, mentre era a caccia di cervi, la ninfa Eco furtivamente seguì il bel giovane tra i boschi desiderosa di rivolgergli la parola, ma incapace di parlare per prima perché costretta a ripetere sempre le ultime parole di ciò che le veniva detto; era stata infatti punita da Giunone perché l'aveva distratta con dei lunghi racconti mentre le altre ninfe, amanti di Giove, si nascondevano.
Narciso, quando sentì dei passi, gridò: “Chi è là?”, Eco rispose: “Chi è là?” e così continuò, finché Eco non si mostrò e corse ad abbracciare il bel giovane. Narciso, però, allontanò immediatamente in malo modo la ninfa dicendole di lasciarlo solo. Eco, con il cuore infranto, trascorse il resto della sua vita in valli solitarie, gemendo per il suo amore non corrisposto, finché di lei rimase solo la voce.[1]
Nemesi, ascoltando questi lamenti, decise di punire il crudele Narciso. Il ragazzo, mentre era nel bosco, si imbatté in una pozza profonda e si accucciò su di essa per bere. Non appena vide per la prima volta nella sua vita la sua immagine riflessa, si innamorò perdutamente del bel ragazzo che stava fissando, senza rendersi conto che fosse lui stesso. Solo dopo un po' si accorse che l'immagine riflessa apparteneva a lui e, comprendendo che non avrebbe mai potuto ottenere quell’amore, si lasciò morire struggendosi inutilmente; si compiva così la profezia di Tiresia.
Quando le Naiadi e le Driadi vollero prendere il suo corpo per collocarlo sul rogo funebre, al suo posto trovarono un fiore a cui fu dato il nome narciso. Si narra che Narciso, quando attraversò lo Stige, il fiume dei morti, per entrare nell'Oltretomba, si affacciò sulle acque limacciose del fiume, sperando di poter ammirare ancora una volta il suo riflesso.[1]
La versione di Pausania[modifica | modifica wikitesto]
Pausania individua la fonte di Narciso a Tespie, in Beozia. Lo scrittore greco trova poco credibile (usando le sue stesse parole “idiota”) che qualcuno non sia in grado di distinguere un riflesso da una persona reale, e cita una variante meno nota a cui dà più credito.In questa versione Narciso aveva una sorella gemella, del tutto somigliante a lui, con la quale andava spesso a caccia insieme. Narciso alla fine si innamorò di lei e quando questa morì, recandosi alla fonte, capiva di vedere la propria immagine, ma quel viso assomigliava così tanto alla sorella amata che gli era di grande consolazione.
Pausania, inoltre, fa notare che il fiore narciso doveva esistere ben prima del personaggio omonimo, visto che il poeta epico Pamphos, vissuto molti anni prima, nei suoi versi narra che quando Persefone fu rapita da Ade stava raccogliendo proprio dei narcisi.[8]
Influenza culturale[modifica | modifica wikitesto]
Il mito di Narciso è stato un'assidua fonte di ispirazione per gli artisti fino ai giorni nostri, anche ben prima che il poeta latino Ovidio includesse una versione del mito nel libro III delle sue Metamorfosi.Pittura[modifica | modifica wikitesto]
Fra i principali pittori che si sono dedicati al mito di Narciso si possono citare: Caravaggio (Narciso, 1600 ca.), Nicolas Poussin (Narciso ed Eco, 1630 ca.), François Lemoyne (Narciso, 1728), William Turner (Narciso ed Eco, 1804), John William Waterhouse (Eco and Narciso, 1903), Salvador Dalí (Metamorfosi di Narciso, 1937).Letteratura[modifica | modifica wikitesto]
Il mito e la figura di Narciso sono stati ripresi in secoli più recenti da vari poeti, ad esempio John Keats e Alfred Edward Housman.Il mito ha influenzato la cultura omoerotica dell'era vittoriana, attraverso lo studio di André Gide del mito (Il Trattato di Narciso, 1891) e l'opera di Oscar Wilde, soprattutto il romanzo Il ritratto di Dorian Gray.
Fëdor Dostoevskij utilizza in alcune poesie e romanzi personaggi con un carattere simile a Narciso (come Jakov Petrovic Goljadkin ne Il sosia, 1846).
Nel romanzo di Stendhal Il rosso e il nero (1830) il personaggio di Mathilde mostra un tipico carattere narcisista, dice difatti il principe Korasoff a Julien Sorel: Guarda solo se stessa, invece di guardare voi, e così non vi conosce.
Hermann Melville fa riferimento al mito di Narciso nel suo romanzo Moby Dick, quando Ismaele spiega che il mito è la chiave di tutto, riferendosi alla questione se sia possibile ritrovare l'essenza della verità all'interno del mondo fisico.
Nei "Poemi Conviviali" il poeta italiano Giovanni Pascoli dedica il poemetto "I Gemelli" a Narciso, traendo ispirazione dalla variante riportata da Pausania.
Lo scrittore e poeta Rainer Maria Rilke visita il carattere e il simbolismo di Narciso in molte delle sue poesie.
Nel 1930 la figura di Narciso è riproposta dallo scrittore tedesco Hermann Hesse col romanzo Narciso e Boccadoro, dove il personaggio è presentato in veste di monaco medievale; qui il "narcisismo" si basa sulla sua intelligenza piuttosto che sulla bellezza fisica.
Un personaggio del Santuario (romanzo) (1931) di William Faulkner viene denominato Narcissa, la sorella di Orazio la quale prova una sorta di amore incondizionato nei confronti del fratello.
Anche il libro di Paulo Coelho L'alchimista (1988) inizia con un riferimento a Narciso.
Seamus Heaney cita Narciso nel suo poema Personal Helicon dalla sua prima collezione Death of a Naturalist.[9]
Musica[modifica | modifica wikitesto]
Sono state dedicate varie canzoni a questo tema: License to Kill di Bob Dylan si riferisce indirettamente a Narciso; il gruppo metal greco Septic Flesh ha inciso una canzone su Narciso (intitolata Narcissus) nel loro album Communion; il testo della canzone Reflection dei Tool è parzialmente incentrata sul mito di Narciso; altre canzoni inerenti al mito sono Narcissus di Alanis Morissette, The daffodil lament di The Cranberries e Deep six di Marilyn Manson.A Narciso è dedicato il secondo brano del trittico dei 'Miti' op. 30 per violino e pianoforte scritti dal compositore polacco Karol Szymanowski
Fra gli autori italiani si può citare: La lira di Narciso, tratta dall'album Bianco sporco dei Marlene Kuntz, Parole di burro tratta dall'album Stato di necessità di Carmen Consoli, Una storia d'amore e di vanità di Morgan (Da A ad A. Teoria delle catastrofi), Narciso tratta dall'album omonimo album dei Pierrot Lunaire, La Cantata del Fiore di Nicola Piovani, Eco e Narciso di Francesco Camattini ed infine Eco e Narciso-il musical di Nicola e Gianfranco Salvio.
Su pellicola[modifica | modifica wikitesto]
Pink Narcissus (1971) è un film artistico di James Bidgood sulle fantasie di un ragazzo dedito alla prostituzione maschile.L'autore Norman McLaren ha concluso la sua carriera nel 1983 con un cortometraggio intitolato "Narciso", in cui racconta la legenda greca attraverso il balletto.
Nel film tunisino del 2005 Bab'Aziz - Il principe che contemplava la sua anima diretto da Nacer Khemir il mito di Narciso viene interpretato dalla figura di un antico principe il quale sta seduto davanti ad un laghetto cercando di guardarvi dentro, giorno dopo giorno, il riflesso della propria anima.
Adozione del termine "narcisismo" in psicologia[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Narcisismo. |
Nel 1899, Paul Näche è la prima persona ad utilizzare il termine "narcisismo" in uno studio sulle perversioni sessuali.
Nel 1911, Otto Rank pubblica il primo scritto psicoanalitico specificamente centrato sul narcisismo, collegandolo alla vanità e all'auto-ammirazione.[11]
Nel 1914, Sigmund Freud pubblica uno saggio sul narcisismo intitolato Introduzione al narcisismo, dove amplia il significato del termine introducendo i concetti di narcisismo primario e di narcisismo secondario o protratto.
Attualmente un disturbo della personalità è denominato disturbo narcisistico di personalità e, in termini generali, col termine narcisismo si viene ad intendere l'amore, spesso esagerato, che una persona prova per la propria immagine e per se stesso.
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ a b c d e Ovidio, Metamorfosi, 3. 339 - 509
- ^ a b Igino, Fabulae, 271
- ^ Nonno di Panopoli, Dionysiaca, 48.581
- ^ David Keyes, The ugly end of Narcissus: "It's thought that, in the liberal sexual atmosphere of ancient Greece, his story developed as a cautionary tale as to what could happen to beautiful young men who rejected their elders' advances".POxy Oxyrhynchus Online[1]
- ^ Fozio, Bibliotheca, codice 186.
- ^ a b Conone, Narrazioni XXIV [Fozio, Biblioteca 186.134b 28- 135 a. 4]
- ^ "This early version - a Greek poem - probably dates from the mid-first century BC and differs from the oft-quoted account by the Roman poet Ovid written about half a century later. 'Following this discovery it is becoming increasingly clear that the myth was altered by Ovid to broaden its appeal,' said the Oxford scholar who discovered the poem, Dr Benjamin Henry of the university's classics faculty." POxy: Oxyrhynchus Online, published in the BBC History Magazine, Vol. 5 No. 5 (May 2004), p. 9 POxy Oxyrhynchus Online
- ^ Pausania, Descrizione della Grecia, IX 31, 7-8
- ^ Cf. Ibiblio, Internet Poetry Archive: Text of the Poem Personal Helicon
- ^ Millon, Theodore, Personality Disorders in Everyday Life, 2004
- ^ Millon, Theodore, Personality Disorders in Everyday Life, 2004
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